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lunedì 3 marzo 2014

Per un «cammino di discernimento»

Commentando il Vangelo nella messa celebrata venerdì 28 febbraio nella cappella della Casa Santa Marta,  il Papa si è soffermato sul fallimento del matrimonio: "Quando lasciare il padre e la madre per unirsi a una donna, farsi una sola carne e andare avanti, quando questo amore fallisce — perché tante volte fallisce — dobbiamo sentire il dolore del fallimento". E proprio in quel momento dobbiamo anche “accompagnare quelle persone che hanno avuto questo fallimento nel loro amore”. Non bisogna “condannare” ma “camminare con loro”.

Ancora una riflessione sulla famiglia e sul matrimonio, dopo le recenti giornate di studio del Concistoro e la Lettera alle famiglie in vista del Sinodo straordinario di ottobre e di un intero anno della vita della Chiesa molto concentrato su questi temi. Una riflessione che evoca un “come” per quanti, e non solo, chiamati al discernimento. 

D’altra parte non è la prima volta che questo Pontefice si occupa della questione, soprattutto con riferimento alla comunione ai divorziati risposati. E col tempo aumentano anche i contributi autorevoli sul tema. Come ricorda Sandro Magister , da ultimo a farlo è stato il card. Kasper con il suo intervento proprio allo scorso Concistoro, ripreso per la cronaca dal quotidiano Il Foglio

Il porporato tedesco presenta così il complesso e spinoso problema: “Non basta considerare il problema solo dal punto di vista e dalla prospettiva della Chiesa come istituzione sacramentale. Abbiamo bisogno di un cambiamento del paradigma e dobbiamo – come lo ha fatto il buon Samaritano – considerare la situazione anche dalla prospettiva di chi soffre e chiede aiuto”. 

Non si tratta di rimettere in discussione l’indissolubilità di un matrimonio sacramentale, che rimane intangibile, ma se, per esempio, quella giudiziaria debba essere l’unica via per risolvere il problema o se non sarebbero possibili altre procedure più pastorali e spirituali. Tenuto conto oltretutto di quanto detto da papa Francesco nel suo primo discorso alla Rota Romana  a proposito del rapporto di pastorale e misericordia con la giustizia.

sabato 8 gennaio 2011

L’importanza dell’omelia

Ogni domenica e nelle solennità milioni di battezzati ascoltano l’omelia, la cui importanza nella preparazione è richiamata al n. 59 dell'esortazione apostolica postsinodale "Verbum Domini" sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa. Papa Ratzinger, come evidenzia Sandro Magister, in ciò si distingue personalmente pensando e preparando con estrema cura le omelie, che costituiscono un sicuro riferimento del suo magistero ordinario. Libri Scheiwiller ha già raccolto le omelie papali in tre volumi, l’ultimo dei quali contiene quelle pronunciate nell’anno liturgico appena trascorso (Benedetto XVI, "Omelie di Joseph Ratzinger, papa. Anno liturgico 2010", a cura di Sandro Magister. Libri Scheiwiller, Milano, 2010, pp. 420).

Già nella precedente esortazione postsinodale Sacramentum caritatis, il Papa aveva sottolineato la necessità di migliorare “la qualità della omelia”, che, ricorda nella Verbum Domini "costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita" e pertanto "deve condurre alla comprensione del mistero che si celebra, invitare alla missione, disponendo l’assemblea alla professione di fede, alla preghiera universale e alla liturgia eucaristica".

Da ciò una serie di rischi da evitare da parte dei ministri sacri deputati alla predicazione e cioè svolgere "omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico", che rimane quello di mostrare Cristo, centro di ogni omelia.