martedì 6 gennaio 2015

A proposito di matrimonio concordatario

C’è chi si chiede se il matrimonio celebrato con rito concordatario, ossia davanti ad un ministro di culto cattolico secondo la forma canonica con richiamo delle norme civili in materia, abbia ancora conservato la sua valenza sociale e dunque giuridica. E’ opportuno fare un breve excursus per cogliere alcuni aspetti qualificanti di ciò che si tratta.
 
L’art. 34 del Concordato conferiva effetti civili (con la trascrizione nei registri dello stato civile) ad un atto matrimoniale indissolubile anche per lo Stato, cui era espressamente riconosciuta natura sacramentale, nato nell’ordinamento della Chiesa cattolica e regolato, nei suoi requisiti di validità, al diritto canonico. Il cosiddetto matrimonio concordatario nasceva per l’indiscusso riconoscimento che nella coscienza sociale italiana ricevevano i principi della religione cattolica, religione ufficiale dello Stato con i Patti Lateranensi, per cui il modello canonico serviva a rafforzare, pur con la sua chiara connotazione confessionista, l’istituto matrimoniale.
 
E tuttavia, superato il confessionismo di Stato con la Costituzione del ‘48, si assiste ad un progressivo “recupero” da parte dello Stato di sovranità ceduta alla Chiesa con il Concordato. Ciò è stato frutto di un mutato costume sociale e quindi di una coscienza collettiva meno adusa a riconoscersi nella prassi dettata dai principi confessionali cattolici, a partire dalla indissolubilità del vincolo matrimoniale. Ne consegue lo stravolgimento del modello matrimoniale-concordatario con l’emanazione nel 1970 della legge introduttiva del divorzio nell’ordinamento civile, nonché con la riforma del diritto di famiglia ex lege 151/1975. Proprio negli anni settanta, qualcuno parlò di “fine del matrimonio concordatario” a causa dei colpi operati dalla legislazione civile.
 
E ancora un ulteriore ridimensionamento si ha con l’art. 8 dell’Accordo del 1984, che sostituisce l’art. 34 del Concordato, con effetti ambigui, se non contraddittori, sul piano processuale, per cui l’atto dichiarato nullo nell’ordinamento canonico può continuare - per scelta delle parti o per decisione del giudice - a fungere da valido “presupposto” per il riconoscimento degli effetti civili. Mentre il matrimonio canonico, può essere dichiarato nullo anche dai tribunali dello Stato a mezzo di una sentenza destinata a restare irrilevante per l’ordinamento della Chiesa, per la qualcosa un vincolo nullo per lo Stato, continua a produrre validamente i suoi effetti nell‘ordinamento canonico.
 
Il tutto si verifica, rimanendo ancora de iure condendo un’apposita legge matrimoniale sostitutiva dell’ormai superata normativa emanata nel lontano 1929 con la L.847 ancora in vigore per le parti compatibili con la nuova disciplina. Mentre la Conferenza Episcopale Italiana, con mandato speciale della Segreteria di Stato, già nel 1990 ha emanato un “Decreto generale sul matrimonio canonico”. Legge matrimoniale, che, unitamente ad una disciplina sulla libertà religiosa, potrebbe ridurre se non escludere del tutto il campo di applicazione del diritto pattizio in materia, tornando così ai due riti, religioso e civile, come prima del ’29 in Italia e come avviene in quei Paesi in cui non vige il sistema concordatario.

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