venerdì 3 aprile 2015

"Stanchezza sacerdotale"

In tutte le chiese cattedrali, il pomeriggio del mercoledì santo ovvero al mattino del giovedì santo, si celebra la messa del Crisma, nel segno dell’unità della Chiesa particolare, adunata intorno al proprio pastore e alla quale partecipano tutti i presbiteri della diocesi. Questi ultimi dopo l’omelia del vescovo diocesano sono chiamati a rinnovare le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale. Il vescovo inoltre consacra gli oli che verranno usati durante il corso dell’anno per celebrare i sacramenti: il crisma (usato nel battesimo, nella cresima e nell'ordinazione dei sacerdotale); l'olio dei catecumeni e l'olio degli infermi.

Proprio in questa circostanza , ieri il vescovo di Roma, prendendo spunto del Salmo 88 ha parlato della “stanchezza dei sacerdoti”, ricordando che “il compito di ungere il popolo fedele non è facile, è duro; ci porta alla stanchezza e alla fatica. Lo sperimentiamo in tutte le forme: dalla stanchezza abituale del lavoro apostolico quotidiano fino a quella della malattia e della morte, compreso il consumarsi nel martirio.”
 
Francesco però ha precisato che detta stanchezza “ è come l’incenso che sale silenziosamente al Cielo (cfr Sal 140,2; Ap 8,3-4). La nostra stanchezza va dritta al cuore del Padre” Il Santo Padre ha poi ammonito i sacerdoti a sfuggire per il peso del lavoro pastorale alla tentazione “di riposare in un modo qualunque, come se il riposo non fosse una cosa di Dio”. A tal proposito, il Papa ha parlato di “fecondità sacerdotale”, che “sta nel come riposiamo e nel come sentiamo che il Signore tratta la nostra stanchezza”, soffermandosi, quindi, sulla natura del riposo nello Spirito Santo, ben diverso da quello che offre la società dei consumi, ripiegato su se stesso per soddisfare una sorta di auto-compiacimento individuale e non aperto al dialogo “con Gesù, con il Padre, con la Vergine e san Giuseppe, con i miei Santi protettori amici per riposarmi nelle loro esigenze “. E ancora Francesco continua: “So riposare dai miei nemici sotto la protezione del Signore? Vado argomentando e tramando fra me, rimuginando più volte la mia difesa, o mi affido allo Spirito Santo che mi insegna quello che devo dire in ogni occasione? Mi preoccupo e mi affanno eccessivamente o, come Paolo, trovo riposo dicendo: «So in chi ho posto la mia fede» (2 Tm 1,12)?”.
 
Il Pontefice ha evocato gli impegni non facili dei sacerdoti e cioè “portare ai poveri la Buona Notizia, annunciare la liberazione ai prigionieri e la guarigione ai ciechi, dare la libertà agli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore. Isaia dice anche curare quelli che hanno il cuore spezzato e consolare gli afflitti”. Impegni che in concreto si traducono col tenere il cuore aperto alle emozioni provate nel condividere le vicende umane della comunità affidata al sacerdote, per cui : “ridiamo con il bimbo che portano a battezzare; accompagniamo i giovani che si preparano al matrimonio e alla famiglia; ci addoloriamo con chi riceve l’unzione nel letto di ospedale; piangiamo con quelli che seppelliscono una persona cara… E così la nostra vita sacerdotale si va donando nel servizio, nella vicinanza al Popolo fedele di Dio… che sempre, sempre stanca”.
 
Ma tale stanchezza che profuma “di pecore” non stanca, perché è fonte di gioia. E infatti, papa Francesco precisa: “Siamo gli amici dello Sposo, questa è la nostra gioia. Se Gesù sta pascendo il gregge in mezzo a noi non possiamo essere pastori con la faccia acida, lamentosi, né, ciò che è peggio, pastori annoiati. Odore di pecore e sorriso di padri… Sì, molto stanchi, ma con la gioia di chi ascolta il suo Signore che dice: «Venite, benedetti del Padre mio» (Mt 25,34)”. Così come, senza tregua, bisogna difendere se stessi e il gregge (cfr. Evangelii gaudium, 83) dalle lusinghe del demonio e dei suoi seguaci, che “non sopportano la Parola di Dio” e “lavorano instancabilmente per zittirla o confonderla”. In tal senso, per il Papa “occorre chiedere la grazia di imparare a neutralizzare il male” , senza la pretesa “di difendere come superuomini ciò che solo il Signore deve difendere”.
 
 “Tutto questo” – dice Francesco- “aiuta a non farsi cadere le braccia davanti allo spessore dell’iniquità, davanti allo scherno dei malvagi. La parola del Signore per queste situazioni di stanchezza è: «Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33)”. E infine, il Papa ha accennato alla “stanchezza di se stessi” (cfr. Evangelii gaudium, 277), cioè quella di “civettare con la mondanità spirituale”, la cui causa è indicata in Apocalisse 2, 3-4:”Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. Solo l’amore dà riposo. Ciò che non si ama, stanca male, e alla lunga stanca peggio”.

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