Cinquant’anni orsono a Dallas moriva, ucciso, John Fitzegerald Kennedy, 35° presidente USA.
Quando venne eletto aveva appena 43 anni e mezzo e perciò, dopo Teddy Roosevelt, fu il più giovane presidente. Oggi ci si divide su un uomo, che, al di là dei risultati, è stato uno dei presidenti americani più amati di sempre, la cui popolarità si è certo alimentata indirettamente anche con la sua tragica morte.
Cattolico, era di origini irlandesi e ricco di famiglia. Sensibile al fascino femminile, dalla moglie Jacqueline ebbe quattro figli, dei quali solo due sopravvissero: Caroline e John John, morto tragicamente nel 1999 in un incidente aereo. Esponente dell’ala liberal del Partito democratico, aveva vinto le presidenziali contro il vicepresidente repubblicano uscente, Richard Nixon.
Personalmente ricordo Kennedy come tanti della mia generazione: un mito, tra la retorica e la speranza in quella Nuova Frontiera che fu il suo motto politico alla convenzione democratica di Los Angeles del 1960. Kennedy, evocando appunto un termine derivante dalla frontiera americana che si spostava continuamente durante la corsa all'Ovest, disse: “Ci troviamo oggi alle soglie di una nuova frontiera, la frontiera degli anni sessanta. Non è una frontiera che assicuri promesse, ma soltanto sfide, ricca di sconosciute occasioni, ma anche di pericoli, di incompiute speranze e di minacce”.
Parole? Illusioni? Mi piace riportare la conclusione di Gianni Riotta su La Stampa di oggi
: “I miti nascono così, e così, in segreto, vivono nella realtà. «Un liberal guarda al futuro non al passato, accoglie le idee nuove senza rigidità, si preoccupa del benessere della gente, salute, casa, scuola, lavoro, diritti civili e libertà, crede alla fine dei blocchi, dei sospetti, al cammino verso la pace… e per questo sono liberal» (JFK 4 novembre 1960).”
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