sabato 18 marzo 2017

La “lunga scuola” del confessionale

Papa Francesco, ieri nell’Aula Paolo VI in Vaticano, rivolgendosi con un Discorso ai partecipanti al XXVIII corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica si è soffermato sulla “formazione di buoni confessori”.
 
Il Santo Padre ha esordito dicendo: “questo della Penitenzieria è il tipo di Tribunale che mi piace davvero! Perché è un “tribunale della misericordia”, al quale ci si rivolge per ottenere quell’indispensabile medicina per la nostra anima che è la Misericordia divina!”.
 
A tal proposito si ricorda che la Penitenzieria Apostolica   ha competenze stabilite agli artt. 117-120 della Costituzione apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana di san Giovanni Paolo II del 28 giugno 1988 . Dette competenze concernono il foro interno e le indulgenze (art. 117). Per il foro interno, sia sacramentale che non sacramentale, essa concede le assoluzioni, le dispense, le commutazioni, le sanzioni, i condoni ed altre grazie (art. 118). Al medesimo dicastero è demandato quanto concerne la concessione e l'uso delle indulgenze, salvo il diritto della Congregazione della Dottrina della Fede di esaminare tutto ciò che riguarda la dottrina dogmatica intorno ad esse (art.120). Alla Penitenzieria Apostolica è preposto il penitenziere maggiore, che è il cardinale Mauro Piacenza, coadiuvato da un reggente, mons. Krzysztof Józef Nykiel, e da cinque prelati: un teologo, un canonista e tre consiglieri.
 
Quanto al Discorso  di ieri, papa Bergoglio, nel ricordare che quella del confessionale è una “lunga scuola”, ha spiegato come si diventa “buon confessore”, evidenziando tre aspetti. Il “buon confessore” - dice il Pontefice- “è un vero amico di Gesù Buon Pastore “, che coltiva la preghiera personale con il Signore, chiedendo incessantemente il dono della carità pastorale”. E infatti, “Un confessore che prega sa bene di essere lui stesso il primo peccatore e il primo perdonato. Non si può perdonare nel Sacramento senza la consapevolezza di essere stato perdonato prima. E dunque la preghiera è la prima garanzia per evitare ogni atteggiamento di durezza, che inutilmente giudica il peccatore e non il peccato”. E ancora, “Nella preghiera è necessario implorare il dono di un cuore ferito…Nella preghiera dobbiamo domandare il prezioso dono dell’umiltà perché appaia sempre chiaramente che il perdono è dono gratuito e soprannaturale di Dio, del quale noi siamo semplici, seppur necessari, amministratori…Nella preghiera, poi, invochiamo sempre lo Spirito Santo, che è Spirito di discernimento e di compassione”.
 
Ma il confessore, in quanto “uomo dello Spirito” è “uomo del discernimento”, per cui egli “è chiamato a fare sempre e solo la volontà di Dio, in piena comunione con la Chiesa, della quale è ministro, cioè servo”. Al riguardo, “Il discernimento educa lo sguardo e il cuore, permettendo quella delicatezza d’animo tanto necessaria di fronte a chi ci apre il sacrario della propria coscienza per riceverne luce, pace e misericordia…chi si avvicina al confessionale, può provenire dalle più disparate situazioni; potrebbe avere anche disturbi spirituali, la cui natura deve essere sottoposta ad attento discernimento, tenendo conto di tutte le circostanze esistenziali, ecclesiali, naturali e soprannaturali”.
 
Ecco allora che “il confessionale è anche un vero e proprio luogo di evangelizzazione. Non c’è, infatti, evangelizzazione più autentica che l’incontro con il Dio della misericordia…”. Evangelizzazione che diventa formazione: “Nel pur breve dialogo che intesse con il penitente, il confessore è chiamato a discernere che cosa sia più utile e che cosa sia addirittura necessario al cammino spirituale di quel fratello o di quella sorella; talvolta si renderà necessario ri-annunciare le più elementari verità di fede, il nucleo incandescente, il kerigma, senza il quale la stessa esperienza dell’amore di Dio e della sua misericordia rimarrebbe come muta; talvolta si tratterà di indicare i fondamenti della vita morale, sempre in rapporto alla verità, al bene e alla volontà del Signore. Si tratta di un’opera di pronto e intelligente discernimento, che può fare molto bene ai fedeli”.