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sabato 14 gennaio 2017

Il "Santuario della Spogliazione"

Già con l'evento “Vescovado a porte aperte”, tenutosi il 16 dicembre scorso nei locali della Curia vescovile di Assisi, il vescovo diocesano, mons. Domenico Sorrentino, aveva reso nota la decisione di assegnare alla chiesa di Santa Maria Maggiore, antica cattedrale assisana,  il compito di sviluppare per i pellegrini la funzione santuariale, aggiungendo al suo titolo tradizionale, anche quello di ‘santuario della spogliazione’. 

Il presule ne ha spiegato natura e portata della sua iniziativa pastorale nella omelia fatta durante la messa della notte di Natale nella cattedrale di San Rufino, parlando di un santuario "che ricordi quel gesto di Francesco, ma soprattutto che aiuti tutti, fedeli della diocesi e pellegrini, a fare i conti con il vangelo del Natale in modo serio, misurandosi con i criteri dell’amore di Dio e dell’amore dei fratelli”. 


E ciò, proprio alla luce del Natale:
 “Il Bimbo divino sceglie di nascere in una mangiatoia.  Quale spogliazione! San Paolo, nella lettera ai Filippesi, ne parla in termini di “svuotamento”. Dice che Dio, nel suo Figlio, si è “svuotato”, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile a noi.  E questo fino al culmine di una morte ignominiosa come quella della croce. 
Mistero grande, che ci dà un’idea nuova di Dio. Un mistero che rivoluziona i criteri del mondo: dopo Gesù, se si vuole contribuire ad una umanità ispirata alla pace e alla fraternità, non è possibile scegliere altra strada che quella dell’amore crocifisso.
Questo mistero affascinò il nostro Francesco. Fu per questo che anch’egli volle spogliarsi di tutto.  Aveva passato venticinque anni tra le ricchezze paterne a rincorrere sogni di gloria. Preferì cambiare rotta e sposare la povertà.  Il giorno in cui, nel vescovado di Assisi, davanti al vescovo Guido, si spogliò di tutto fino a denudarsi, apparve chiara la sua conformazione a Cristo crocifisso.
Il Natale è mistero di spogliazione. Francesco fece suo questo mistero. Papa Francesco, nella visita che ci fece tre anni fa, venne al vescovado proprio per spiegarci il senso di quel gesto. Lo fece con parole toccanti, direi shoccanti, mostrandoci come la “spogliazione” è una modalità di essere, che ogni cristiano deve far sua. Si tratta infatti di spogliarci del nostro egoismo, di sottrarci a quella mondanità che produce il mondo ingiusto che sta sotto i nostri occhi, in cui pochi hanno tutto e di più, e tantissimi  mancano del necessario. Chi vuol essere discepolo di Cristo, chi vuol contemplare fino in fondo il Bimbo di Betlemme, deve imparare a spogliarsi di sé e ad aprirsi agli altri, condividere ciò che ha, perché nel mondo ci sia uno spazio dignitoso per tutti. È ora di una maggiore sobrietà dei nostri stili di vita. È ora di una maggiore fraternità”.
E, portando la data del Natale 2016,  su questo s’incentra la lettera pastorale indirizzata dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino alla comunità diocesana e ai pellegrini in occasione del decreto di istituzione di questo nuovo Santuario della spogliazione.  Mons. Sorrentino ricorda che il tutto nel suo animo è partito con la storica visita di Papa Francesco ad Assisi il 4 ottobre 2013, e dalla sua sosta anche nella Sala della spogliazione, indicata comunemente con l’appellativo “fuorviante” di Sala del Trono. Di qui la “connotazione” di santuario alla chiesa di Santa Maria Maggiore, affidandola “ alla sollecitudine della Provincia Serafica dei Frati Cappuccini, già ivi impegnati nel servizio parrocchiale”.
Nella lettera, articolata in 13 punti, mons. Sorrentino illustra il significato della “nudità originaria”, che in Francesco richiama l’Eden e che “non è solo penitenza e rinuncia” ma “si proietta verso lo splendore del corpo risorto, quando la forza di Cristo darà vita nuova anche ai nostri corpi mortali” (n.4). E ancora, il Pastore richiama il modello della nudità di Francesco, che è dato da Gesù crocifisso (n. 5), per cui “Nell’episodio della spogliazione una parola è decisiva:"Finora ho chiamato te, mio padre, sulla terra: d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli". E qui viene rilevata l’esemplarità dell’immagine ecclesiale plasticamente realizzata con l’abbraccio del vescovo Guido, che, con sapiente discernimento, “ vedendo questo e ammirando l’uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e pietoso e buono com’era, lo ricoprì con il suo stesso pallio” (n.6). 
Mons. Sorrentino, al riguardo aggiunge: “Raramente, nella storia della Chiesa, istituzione e carisma si sono incontrati con tale immediatezza” (ibidem). Un rapporto che, evocando la paternità del vescovo, richiama la Chiesa madre e dà conto di una precisa prospettiva ecclesiale: “Francesco si distingue, nella storia dei movimenti evangelici del suo tempo, per non aver mai posto l’amore per Cristo in tensione con l’amore per la Chiesa. E ciò non perché gli sfuggissero i limiti che segnano la vita della Chiesa, anche nei suoi ministri. Ma nella Regola, come nel Testamento, è perentorio: ai ministri della Chiesa, anche ai meno esemplari, occorre assicurare il massimo rispetto…L’icona della spogliazione evidenzia così due dimensioni indissociabili della spiritualità di Francesco: la radicalità evangelica e la passione ecclesiale” (n. 8).
Rimanendo sul piano del rapporto padre-madre e quindi della famiglia naturale, il Vescovo Domenico, a scanso di equivoci interpretativi, ricorda e precisa: “Sia chiaro: la famiglia è un valore di prima grandezza. Un preciso comandamento di Dio regola i rapporti tra genitori e figli: "Onora il padre e la madre". Ciò che Francesco rifiuta non è il rapporto di amore col padre, ma l’idolo che lo insidia, il dio-denaro, con le sue logiche di potere e di gloria, a cui Pietro pretendeva di piegarlo. Al tempo stesso, andando oltre gli affetti terreni, Francesco dimostra quanto il vangelo sappia generare un nuovo tipo di famiglia…una famiglia spirituale…Nasce così la fraternitas francescana, il cui ideale sarà vivere "secondo la forma del santo Vangelo".
Fraternità che nasce sul luogo della Porziuncola, donata dai benedettini a Francesco, divenuta “luogo di contemplazione e, insieme, laboratorio di fraternità”. A questo proposito, l’Arcivescovo Sorrentino richiama il progetto diocesano di rinnovamento delle parrocchie, realizzato attraverso le Comunità Maria Famiglie del Vangelo, che ha nella Porziuncola il “luogo ispirante” (n.9).
Ma v’è di più, perché “ Il gesto di Francesco si presta ad essere letto anche da un punto di vista piuttosto inusuale: quello dell’economia” come “profezia di una economia alternativa, il cui motore non è l’interesse egoistico, ma l’etica della gratuità, della fraternità, della solidarietà”, così come affermato da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium a proposito di un mondo governato da un un’economia che “uccide”, a vantaggio di pochi…” (n. 10).
Mons. Sorrentino, sulle orme di Francesco, indica con forza la via della missione per una Chiesa scevra dai fardelli del possesso e del potere (n.11), auspicando che il Santuario della Spogliazione diventi luogo di riconciliazione “in cui abbandonare orgogli e puntigli che minano la pace” (n. 12).
Il Pastore della Chiesa che è in Assisi-Nocera U.-Gualdo T. conclude con  lo sguardo della Madre, individuando il “tratto mariano della spogliazione”: “prima che a Francesco, infatti, la spiritualità della spogliazione rinvia al mistero di Gesù, e Maria vi partecipa con tutta la forza del suo “fiat”: il “si”  dell’Annunciazione e del Calvario. Ella visse totalmente spoglia di sé, donna del silenzio e dell’ascolto, trasparenza di Cristo”.