venerdì 28 giugno 2013

Quel mattone di una vita

All’Udienza generale di mercoledì scorso Papa Francesco ha evidenziato l’importanza che nella Chiesa ha e deve avere ogni battezzato. 

Ciò sulla base di un preciso disposto recepito nella legge universale della Chiesa : “I fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo” (Can. 204 - §1 CIC). 

Al riguardo si comprende meglio, dunque, il pensiero di Papa Francesco: “La Chiesa non è un intreccio di cose e di interessi, ma è il Tempio dello Spirito Santo, il Tempio in cui Dio opera, il Tempio dello Spirito Santo, il Tempio in cui Dio opera, il Tempio in cui ognuno di noi con il dono del Battesimo è pietra viva. Questo ci dice che nessuno è inutile nella Chiesa e se qualcuno a volte dice ad un altro: ‘Vai a casa, tu sei inutile’, questo non è vero, perché nessuno è inutile nella Chiesa, tutti siamo necessari per costruire questo Tempio! Nessuno è secondario. Nessuno è il più importante nella Chiesa, tutti siamo uguali agli occhi di Dio. Qualcuno di voi potrebbe dire: ‘Senta Signor Papa, Lei non è uguale a noi’. Sì, sono come ognuno di voi, tutti siamo uguali, siamo fratelli! Nessuno è anonimo: tutti formiamo e costruiamo la Chiesa. Questo ci invita anche a riflettere sul fatto che se manca il mattone della nostra vita cristiana, manca qualcosa alla bellezza della Chiesa. Alcuni dicono: ‘Io con la Chiesa non c’entro’, ma così salta il mattone di una vita in questo bel Tempio. Nessuno può andarsene, tutti dobbiamo portare alla Chiesa la nostra vita, il nostro cuore, il nostro amore, il nostro pensiero, il nostro lavoro: tutti insieme”.

mercoledì 12 giugno 2013

Il “progressismo adolescente” e il Popolo di Dio

Papa Francesco prosegue a instillare la sua la catechesi, giorno dopo giorno con i gesti e con la Parola. 
Stamani, durante l’ormai attesa omelia nella Messa celebrata quotidianamente alla Casa Santa Marta, ha ammonito la Chiesa e dunque i cristiani dal non cadere nella tentazione del “progressismo adolescente”, che fa “uscire dalla strada”, rimanendo succubi di certa cultura .

 Nell’udienza generale del mercoledì, si è poi soffermato sul termine “Popolo di Dio”, evocando il Concilio Vaticano II e in particolare la Costituzione dogmatica Lumen gentium n. 9 e il Catechismo della Chiesa Cattolica n. 782. Il Papa ha spiegato cosa vuol dire essere “Popolo di Dio”, come si diventa membri di questo popolo, quali sono la legge, la missione e il fine dello stesso. 

Con riferimento alla legge, indicata in quella “dell’amore, amore a Dio e amore al prossimo secondo il comandamento nuovo che ci ha lasciato il Signore (cfr Gv 13,34)”, ha aggiunto: “ Un amore, però, che non è sterile sentimentalismo o qualcosa di vago, ma che è il riconoscere Dio come unico Signore della vita e, allo stesso tempo, l’accogliere l’altro come vero fratello, superando divisioni, rivalità, incomprensioni, egoismi…Dentro il popolo di Dio, quante guerre! Nei quartieri, nei posti di lavoro, quante guerre per invidia, gelosie! Anche nella stessa famiglia, quante guerre interne…Pregare per coloro con i quali siamo arrabbiati è un bel passo in questa legge dell'amore. Lo facciamo? Facciamolo oggi!”

Circa la missione, il Santo Padre ha ricordato essere quella “di portare nel mondo la speranza e la salvezza di Dio: essere segno dell’amore di Dio che chiama tutti all’amicizia con Lui; essere lievito che fa fermentare tutta la pasta, sale che dà il sapore e che preserva dalla corruzione, essere una luce che illumina”. 

Enunciato il fine di questo popolo, che è il Regno di Dio, Papa Bergoglio ha così concluso: “Cari fratelli e sorelle, essere Chiesa, essere Popolo di Dio, secondo il grande disegno di amore del Padre, vuol dire essere il fermento di Dio in questa nostra umanità, vuol dire annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, che spesso è smarrito, bisognoso di avere risposte che incoraggino, che diano speranza, che diano nuovo vigore nel cammino. La Chiesa sia luogo della misericordia e della speranza di Dio, dove ognuno possa sentirsi accolto, amato, perdonato, incoraggiato a vivere secondo la vita buona del Vangelo. E per far sentire l’altro accolto, amato, perdonato, incoraggiato la Chiesa deve essere con le porte aperte, perché tutti possano entrare. E noi dobbiamo uscire da quelle porte e annunciare il Vangelo”.

sabato 8 giugno 2013

Incontro “sulla stessa strada tra i due colli”

Giorgio Napolitano in visita ufficiale in Vaticano ha incontrato oggi, primo capo di Stato, papa Francesco. Il Pontefice e il Presidente si erano già visti, il 19 marzo in San Pietro, al termine della messa per l’inizio del ministero petrino.
Questa visita ufficiale avviene dopo la rielezione di Napolitano per il suo secondo mandato: la precedente, a Benedetto XVI, era avvenuta il 20 novembre 2006. 
Papa Francesco  ha reso il rapporto tra i due Stati, avente “come fine principale il bene del popolo italiano e come sfondo ideale il suo ruolo storicamente unico in Europa e nel mondo con l'immagine dei due colli, “il Quirinale e il Vaticano, che si guardano con stima e simpatia”.
Sia il Pontefice che il Presidente hanno richiamato anche il rapporto di stima e di amicizia di quest’ultimo, nella sua funzione, e Sua Santità Benedetto XVI. 

Al centro dei discorsi i temi della libertà' religiosa e della crisi economica che ormai non conosce confini. A proposito della prima, il Papa ha detto tra l’altro: “Nel mondo di oggi la libertà religiosa è più spesso affermata che realizzata. Essa, infatti, è costretta a subire minacce di vario tipo e non di rado viene violata. I gravi oltraggi inflitti a tale diritto primario sono fonte di seria preoccupazione e devono vedere la concorde reazione dei Paesi del mondo nel riaffermare, contro ogni attentato, l’intangibile dignità della persona umana. E’ un dovere di tutti difendere la libertà religiosa e promuoverla per tutti. Nella tutela condivisa di tale bene morale si trova, inoltre, anche una garanzia di crescita e di sviluppo dell’intera comunità”. 

Ma Francesco si è poi soffermato sulla necessità dell’impegno politico soprattutto tra i giovani perché “credenti e non credenti insieme collaborino nella promozione di una società dove le ingiustizie possano essere superate e ogni persona venga accolta e possa contribuire al bene comune secondo la propria dignità e mettendo a frutto le proprie capacità “. E ha aggiunto: “Anche noi, cattolici, abbiamo il dovere di impegnarci sempre di più in un serio cammino di conversione spirituale affinché ci avviciniamo ogni giorno al Vangelo, che ci spinge ad un servizio concreto ed efficace alle persone e alla società”.

 Napolitano, richiamando la problematica sociale dell’oggi, ha affermato: “La necessità di una nuova visione dello sviluppo dell'economia e della società si pone per l'Europa nel suo complesso, stimolandone drammaticamente l'unione e chiamandola ad una piena comprensione delle nuove realtà emergenti e delle istanze ancora inascoltate dei popoli di diversi continenti rimasti nel passato ai margini dello sviluppo mondiale.Il cambiamento che s'impone in Italia non può non toccare anche comportamenti diffusi, allontanatisi gravemente da valori spirituali e morali che soli possono ispirare la ricerca di soluzioni sostenibili per i nostri problemi, di prospettive più serene e sicure”. 

Da ciò la necessità sempre maggiore di una proficua collaborazione tra Stato e Chiesa, quest’ultima con il “suo magistero educativo" e il suo quotidiano esercizio pastorale : la Chiesa attraverso i suoi Vescovi, e tra essi, in primis, il Vescovo di Roma, il Santo Padre”. Un rapporto che -ha detto il Presidente- “tra Stato e Chiesa cattolica in Italia non è qualcosa di freddamente istituzionale ma qualcosa di profondamente vissuto, radicato nella storia, e cresciuto, sempre di più, parallelamente al dialogo interreligioso e al dialogo tra credenti e non credenti”.

Nel concludere il capo dello Stato si è così rivolto al Papa: “ Sono certo, Santità, che ci incontreremo con eguale slancio sulla stessa strada tra i due colli, con attenzione a quel che si muove ed evolve attorno a noi, e sempre in spirito di reciproco rispetto, di chiara distinzione e di fattiva collaborazione”.