mercoledì 18 maggio 2016

Dal Sinodo alla sinodalità

Nella veglia di Pentecoste di sabato scorso, mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera U.-Gualdo T. , ha consegnato alla comunità diocesana il Libro del Sinodo dal titolo eloquente Tu sei la nostra GIOIA!
 
Si tratta - come si legge nella premessa – di una “tabella di marcia”, di “Uno strumento di comunione per un popolo in cammino, desideroso di rendere il suo passo più sicuro e spedito, avendo ben chiaro il traguardo”.
 
Concluse le sessioni sinodali proprio un anno fa di questi tempi, la Chiesa che è in Assisi-Nocera U.-Gualdo T. ha ricevuto quindi dal suo Vescovo la “norma pastorale”, presentata così dallo stesso presule:
“Come concludere il Sinodo, se non aprendoci al vento e al fuoco dello Spirito? È per questo che consegno i decreti sinodali nella solennità di Pentecoste! Vogliamo implorare una nuova effusione dello Spirito, che dia alla nostra Chiesa vigore e slancio per il cammino che la attende. Quanto il Signore ci ha ispirato in questi anni di riflessione ci dà una grande responsabilità. Abbiamo pregato, ci siamo confrontati, abbiamo deciso”.
A proposito della natura e funzione del Sinodo e delle sue conclusioni, mons. Sorrentino spiega:
“Ora è venuto il momento che mi impegna direttamente. La cura pastorale che Cristo stesso esercita, esprimendola in maniere diverse e complementari nell'insieme del suo corpo che è la Chiesa, assume una speciale connotazione nel servizio di coloro che, con l'ordinazione episcopale, sono chiamati ad essere, a suo nome, padri e pastori. Su questa base si comprende quanto prescritto dal Codice di diritto canonico: «Nel Sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo diocesano, mentre gli altri membri del Sinodo hanno solamente voto consultivo: lui solo sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali che possono essere resi pubblici soltanto per la sua autorità» (can. 466). Questo impianto giuridico, incardinato sulla decisionalità del Vescovo, potrebbe suonare mortificante rispetto al lavoro comune. Forse, nel cammino mai compiuto di rinnovamento spirituale e pastorale della Chiesa, il futuro conoscerà forme e ambiti di più larga decisionalità comunitaria. Ma, in definitiva, in qualunque assetto giuridico, ciò che è davvero importante è dare il primato alla Parola di Dio e all'azione del suo Santo Spirito. Attraverso il dialogo tra la formazione del consenso comunitario e l'espressione autoritativa dei pastori si è tutti in ascolto della voce di Cristo, il «Pastore grande delle pecore» (Eb 13, 20). Adempio così, in questo Libro, al mio dovere di rileggere le proposizioni a me offerte dall'assemblea sinodale, trasformandole in decreti per tutti. Userò un tono discorsivo, e non di arida legislazione. Si tratta tuttavia di un indirizzo normativo e non solo esortativo”.
Il testo si articola in dodici capitoli e una conclusione, per un totale di 197 pagine in calce alle quali c’è la firma del pastore Domenico. Sulla scia dei lavori sinodali, mons. Sorrentino in questa “legge” riporta “Il Vangelo della Gioia. Ripartire da Gesù” nel cap. I; e quindi gli altri temi toccati e statuiti nei successivi capitoli: “Vino nuovo in otri nuovi. Il coraggio del rinnovamento”; “Sinodalità. L’arte di camminare insieme”; “Il seminatore uscì a seminare. Evangelizzazione e catechesi”; “In spirito e verità. Liturgia,preghiera personale,pietà popolare”; “Famiglia di famiglie. Una nuova immagine di parrocchia”; Pastorale della Famiglia. Direttive per un tempo di crisi”; “Scommettere sui giovani. Per un futuro di speranza”; “ Ne ebbe compassione. Elemosina, condivisione e carità politica”; “Dove lo spirito soffia. Santuari per evangelizzare”; “Storia, cultura e mass media. Al servizio dell’evangelizzazione”; “Economia e strutture. Un uso evangelico”.
 
 
Il tutto condensato nella segno della sinodalità, che non è –come precisa l’Arcivescovo Sorrentino- “un fatto organizzativo” , ma un “evento spirituale” che “esprime il superamento dell’individualismo e la scelta di camminare insieme”, costituendo “una dimensione che appartiene alla vita cristiana: Gesù ci rende un corpo solo (cf. 1 Cor 12,12), tralci dell’unica vite (cf. Gv 15)”.

venerdì 6 maggio 2016

"Sogno un Europa"



Papa Francesco è stato insignito del Premio europeo Carlo Magno, il prestigioso riconoscimento consegnato a personalità che si sono distinte per il loro lavoro a favore della pace e dell'integrazione europee. 

Sorto nel 1949 per volontà di un gruppo di cittadini di Aquisgrana, consiste, insieme all'attestato e al conferimento di un premio simbolico pari a 5.000 euro, in una medaglia raffigurante l'immagine di Carlo Magno sul trono, tratta dal più antico sigillo della città. In passato è stato assegnato a statisti quali i fondatori dell'Unione Europea (Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Konrad Adenauer, Paul-Henri Spaak, Robert Schuman). Ma anche a personalità come frère Roger Schutz di Taizé e nel 2004 lo ricevette  san Giovanni Paolo II. 


Come da prassi il vincitore ha rivolto un discorso. Papa Francesco ha richiamato l’importanza  di una “ trasfusione della memoria” che permetta di “ispirarci al passato per affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni, accettando con determinazione la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare”.


 Ma è nella chiusa del discorso che il Papa scandisce, con la metafora del sogno, le tappe di un cammino europeo aperto alla speranza:  “Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”.