domenica 27 aprile 2014

Santità papale, speranza e gioia

Oggi 27 aprile 2014, II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia), a Roma e nella Chiesa tutta si è vissuto uno storico evento con una canonizzazione senza precedenti: due Papi sugli altari, il Pontefice e il Papa emerito che  ne concelebrano la santità, abbracciandosi all’inizio e alla fine del rito. Sul sagrato 150 cardinali e mille vescovi. Il tutto con la partecipazione di circa ottocentomila fedeli sulla piazza vaticana e tra via della Conciliazione e le strade adiacenti, mentre due miliardi di persone si sono collegate virtualmente dal resto del mondo. Per non dimenticare le 98 delegazioni statali presenti.

Eppure si è trattata di una festa sobria, vissuta con semplicità e condivisione, come nello stile di papa Francesco, il quale nell’omelia  ha delineato la santità di san Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II, evocandone la speranza e la gioia sgorgata dal loro ministero petrino.

 “…hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù, di toccare le sue mani piagate e il suo costato trafitto. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati di Lui, della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello (cfr Is 58,7), perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù. 

Sono stati due uomini coraggiosi, pieni della parresia dello Spirito Santo, e hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia. Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio; più forte era la fede in Gesù Cristo Redentore dell’uomo e Signore della storia; più forte in loro era la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria. 

In questi due uomini contemplativi delle piaghe di Cristo e testimoni della sua misericordia dimorava «una speranza viva», insieme con una «gioia indicibile e gloriosa» (1 Pt 1,3.8). La speranza e la gioia che Cristo risorto dà ai suoi discepoli, e delle quali nulla e nessuno può privarli. La speranza e la gioia pasquali, passate attraverso il crogiolo della spogliazione, dello svuotamento, della vicinanza ai peccatori fino all’estremo, fino alla nausea per l’amarezza di quel calice. Queste sono la speranza e la gioia che i due santi Papi hanno ricevuto in dono dal Signore risorto e a loro volta hanno donato in abbondanza al Popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza”.

domenica 20 aprile 2014

Ritorno in Galilea

E’ Pasqua!

Papa Francesco all’omelia della Veglia Pasquale, riprendendo il versetto evangelico "Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno" (Mt 28,10), ha colto l’immagine della Galilea, spiegandone e attualizzandone la portata nella nostra quotidianità di fedeli in Cristo.

Ritornare in Galilea vuol dire rileggere tutto a partire dalla croce e dalla vittoria; senza paura, “non temete”. Rileggere tutto – la predicazione, i miracoli, la nuova comunità, gli entusiasmi e le defezioni, fino al tradimento – rileggere tutto a partire dalla fine, che è un nuovo inizio, da questo supremo atto d’amore.

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. “Andare in Galilea” significa qualcosa di bello, significa per noi riscoprire il nostro Battesimo come sorgente viva, attingere energia nuova alla radice della nostra fede e della nostra esperienza cristiana. Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Nella vita del cristiano, dopo il Battesimo, c’è anche un’altra “Galilea”, una “Galilea” più esistenziale: l’esperienza dell’incontro personale con Gesù Cristo, che mi ha chiamato a seguirlo e a partecipare alla sua missione. In questo senso, tornare in Galilea significa custodire nel cuore la memoria viva di questa chiamata, quando Gesù è passato sulla mia strada, mi ha guardato con misericordia, mi ha chiesto di seguirlo; tornare in Galilea significa recuperare la memoria di quel momento in cui i suoi occhi si sono incrociati con i miei, il momento in cui mi ha fatto sentire che mi amava ”. 

Un invito per tutti a riscoprire il proprio Battesimo e quindi l’incontro personale con Gesù Cristo.

domenica 13 aprile 2014

Con i bambini non si scherza!

In questi giorni in cui certi eventi hanno acceso  i riflettori  su vita e famiglia, natura umana e filiazione, etica e sfide educative, duro ma appropriato giunge il monito di papa Francesco. 

Egli lo ha fatto col un discorso al Movimento per la vita , che ha incoraggiato a portare avanti il proprio impegno “con lo stile della vicinanza, della prossimità: che ogni donna si senta considerata come persona, ascoltata, accolta, accompagnata”.

Ascoltare, accogliere, accompagnare. E infatti,” la parola non sarà persuasiva, se resta senza uno sguardo nuovo e sincero che l’accompagna”. La migliore catechesi è quella che si dà con l’esempio. Come quello di papa Bergoglio, che non tralascia occasione per lasciarci un segno. Nella giornata della “Festa del perdono” in S. Pietro si è inginocchiato davanti ad un confessore come un penitente qualunque. E la foto che lo ha colto ha fatto il giro del mondo, lasciando il segno su un sacramento trascurato e poco frequentato.

E così  il Papa pubblicamente ha chiesto perdono in nome della Chiesa ferita, richiamando col  discorso alla delegazione dell'Ufficio internazionale cattolico dell'infanzia (BICE), la triste e grave vicenda degli abusi sessuali operati da sacerdoti su minori, per cui ha detto di farsene carico e di chiedere perdono per il danno compiuto. “La Chiesa è cosciente di questo danno. E’ un danno personale e morale loro, ma di uomini di Chiesa. E noi non vogliamo compiere un passo indietro in quello che si riferisce al trattamento di questo problema e alle sanzioni che devono essere comminate. Al contrario, credo che dobbiamo essere molto forti”.

Ma il Santo Padre, nell’evocare la dimensione educativa,  ha ribadito anche che occorre “sostenere il diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli. E a questo proposito vorrei manifestare il mio rifiuto per ogni tipo di sperimentazione educativa con i bambini. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”. Per questo, il Papa ha auspicato un’attenzione alla formazione antropologica, onde “saper rispondere ai problemi e alle sfide posti dalle culture contemporanee e dalla mentalità diffusa attraverso i mass media”.

sabato 5 aprile 2014

Misericordia che non ha confini



"Su, venite e discutiamo" dice il Signore. "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”( Is 1,18 )

giovedì 3 aprile 2014

Le tre parole magiche, la preghiera e fare la pace sempre

Ecco la consegna di papa Francesco agli sposi cristiani, data concludendo il ciclo di catechesi sui Sacramenti del mercoledì e parlando del Matrimonio cristiano. 

Il Pontefice ha evocato il mistero dell’unione tra l’uomo e la donna che decidono di vivere insieme, divenendo col matrimonio “un’unica carne”. E in essi si rispecchia Dio, che “imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore”. 

In questo senso, dunque,  “il Matrimonio risponde a una vocazione specifica e deve essere considerato come una consacrazione (cfr Gaudium et spes, 48; Familiaris consortio, 56)…l'uomo e la donna sono consacrati nel loro amore. Gli sposi infatti, in forza del Sacramento, vengono investiti di una vera e propria missione, perché possano rendere visibile, a partire dalle cose semplici, ordinarie, l’amore con cui Cristo ama la sua Chiesa”. 

Ma il Papa non ha omesso di guardare alla fragilità dell’uomo, richiamando le difficoltà quotidiane che la coppia coniugata è chiamata ad affrontare e superare. Per questo Francesco ha esortato a non interrompere il legame con Dio attraverso la preghiera. “Quando la famiglia prega, il legame si mantiene. Quando lo sposo prega per la sposa e la sposa prega per lo sposo, quel legame diviene forte; uno prega per l’altro”. 

Così come dalle stesse difficoltà nascono le incomprensioni per cui si litiga fino … al “lancio dei piatti”. Per questo il Papa ha ripetuto a non chiudere la giornata “senza fare la pace. Sempre!. E per fare la pace non è necessario chiamare le Nazioni Unite che vengano a casa a fare la pace. E' sufficiente un piccolo gesto, una carezza, ma ciao! E a domani! E domani si comincia un'altra volta”. In aiuto alla vita matrimoniale, infine papa Bergoglio ha ricordato le tre parole “magiche”: “Permesso: per non essere invadente nella vita dei coniugi… Grazie: ringraziare il coniuge; grazie per quello che hai fatto per me, grazie di questo…scusa”.

E il matrimonio va avanti.