venerdì 19 agosto 2016

Riforma della Curia Romana: nuovo dicastero per laici, famiglia e vita

Nel solco della secolare cura della Chiesa riguardo i laici, la famiglia e la vita, segno dell’amore del Salvatore misericordioso verso l’umanità, il 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, Giubileo della Misericordia, il Sommo Pontefice Francesco con Lettera Apostolica “Sedula Mater” in forma di Motu Proprio ha istituito il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che sarà disciplinato da speciali Statuti.
 
Competenze e funzioni finora appartenuti al Pontificio Consiglio per i Laici e al Pontificio Consiglio per la Famiglia, saranno trasferiti a questo Dicastero dal prossimo 1° settembre, con definitiva cessazione dei suddetti Pontifici Consigli. Prefetto  del nuovo organismo è stato nominato mons. Kevin Joseph Farrell, finora vescovo della Diocesi di Dallas.
Natura e portata di un’altra decisione trovano spiegazione nel chirografo che il Santo Padre ha inviato a mons. Vincenzo Paglia, nominandolo Gran Cancelliere del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per studi su matrimonio e famiglia, nonché presidente della Pontificia Accademia per la vita.
 
Il Papa scrive: “in occasione della riforma della Curia Romana, mi è sembrato opportuno che anche le Istituzioni poste al servizio della Santa Sede con l’attività di ricerca e di formazione sui temi relativi al Matrimonio, alla Famiglia e alla Vita, procedano ad un rinnovamento e ad un ulteriore sviluppo per iscrivere la loro azione sempre più chiaramente nell’orizzonte della misericordia”. Evocando il Magistero in materia sulla scia del Vaticano II, Francesco richiama il recente Sinodo sulla Famiglia, con l’Esortazione Apostolica Amoris laetitia e auspica un confronto “con le sfide della cultura contemporanea. L’ambito di riflessione siano le frontiere; anche nello studio teologico non venga mai meno la prospettiva pastorale e l’attenzione alle ferite dell’umanità”.
 
In particolare, il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, dovrà favorire “un adeguato sviluppo dell’attività di riflessione, ricerca e insegnamento dell’Istituto, affinché esso diventi un ambito privilegiato per aiutare le famiglie a vivere la loro vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo di oggi”. 
 
Preside del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per Studi su Matrimonio e Famiglia, il Pontefice ha nominato mons. Pierangelo Sequeri, attualmente preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di Milano.
 
Così come la Pontificia Accademia per la Vita, è chiamata ad occuparsi “delle nuove sfide che concernono il valore della Vita” e cioè dei “diversi aspetti che riguardano la cura della dignità della persona umana nelle diverse età dell’esistenza, il rispetto reciproco fra generi e generazioni, la difesa della dignità di ogni singolo essere umano, la promozione di una qualità della vita umana che integri il valore materiale e spirituale, nella prospettiva di un’autentica “ecologia umana”, che aiuti a ritrovare l’equilibrio originario della Creazione tra la persona umana e l’intero universo”.

Il Papa, nel chiedere di operare ad intra in sinergia tra l’Accademia e l’Istituto Giovanni Paolo II, collegandosi col “Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, nella consapevolezza che alcuni argomenti spetteranno al nuovo Dicastero che si occuperà della pastorale sanitaria”, aggiunge: “In questa prospettiva, ti adopererai a favorire il dialogo cordiale e fattivo con altri Istituti scientifici e Centri accademici, anche in ambito ecumenico o interreligioso, sia di ispirazione cristiana che di altre tradizioni culturali e religiose. Chinarsi sulle ferite dell’uomo, per comprenderle, curarle e guarirle è compito di una Chiesa fiduciosa nella luce e nella forza di Cristo risorto, capace di affrontare anche i luoghi della tensione e del conflitto come un “ospedale da campo”, che vive, annuncia e realizza la sua missione di salvezza e di guarigione proprio là dove la vita degli individui è più minacciata dalle nuove culture della competizione e dello scarto”.

sabato 6 agosto 2016

Pellegrino tra pellegrini

Tutta incentrata sul senso del perdono la meditazione di papa Francesco svolta nel pomeriggio del 4 agosto scorso davanti alla Porziuncola, durante la visita  alla basilica di Santa Maria degli Angeli  per l'ottavo centenario del Perdono di Assisi. Visita particolare, di carattere privato, da pellegrino tra pellegrini, nonostante la folla accorsa per accoglierlo dentro e fuori la basilica angelana.
 
Il Pontefice, partendo dalle parole, che secondo un’antica tradizione san Francesco pronunciò proprio nel luogo della Porziuncola, “Voglio mandarvi tutti in paradiso!”, ed aver evocato la fede nel paradiso professata nella Chiesa attraverso la comunione dei santi, si è soffermato sul senso del perdono:
Quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. E’ difficile perdonare!... Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo… Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato… Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!... Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette» (v. 22). Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio.
Da ciò, dunque, la peculiarità del Perdono di Assisi, alla luce del tempo che si vive:
Cari fratelli e sorelle, il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” qui alla Porziuncola continua a “generare paradiso” ancora dopo otto secoli. In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo. Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Ripeto: offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi. Il mondo ha bisogno di perdono; troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia.

martedì 2 agosto 2016

“Perdono di Assisi, cammino di Chiesa”

Celebrata la festa del Perdono della Porziuncola a S. Maria degli Angeli, per coglierne “il senso e l’attualità nell’attuale contesto storico” è utile riprendere la Lettera pastorale del Vescovo di Assisi-Nocera U.- Gualdo T. , mons. Domenico Sorrentino, data il 29 giugno 2016 e rivolta ai fedeli della Diocesi e ai pellegrini nell’VIII centenario (1216 – 2016) dell’indulgenza.
 
Indulgenza ottenuta da parte di papa Onorio III da san Francesco, che dando la notizia del “perdono”, il 2 agosto 1216, esclamò: «Io vi voglio mandare tutti in Paradiso!».
 
" La Porziuncola “ – scrive mons. Sorrentino – “diveniva una porta del cielo. Aperta soprattutto per i semplici e poveri. Casa dove la presenza di Dio si percepisce come una carezza e le pietre hanno il calore di un grembo materno. Tutto vi dice semplicità, non disturbata, anzi evidenziata, dall’arte che la decora, specialmente nell’Annunciazione in cui la Vergine è tutta ascolto, plasmata dallo Spirito, pronta per l’incarnazione del Verbo di Dio”.
 
Per spiegare il senso dell’indulgenza, il vescovo evidenzia il rapporto col peccato e gli effetti di questo: “Alcune conseguenze di esso ci affliggono persino quando esso è stato perdonato. Difficilmente infatti portiamo nella confessione una contrizione così profonda da aprire alla grazia tutte le fibre del nostro essere. Il peccato lascia in noi delle “scorie” dolorose. La teologia ne parla in termini di “pena”. Espressione che non dev’essere intesa come se si trattasse di punizione inflitta da Dio in nome di una giustizia “vendicativa”. Piuttosto, come spiega il Catechismo della Chiesa Cattolica, si tratta di qualcosa «derivante dalla natura stessa del peccato» (CCC 1472).
 
Peccato, dunque, come “malattia dell’anima”, che va curata: “In funzione di questa “cura”, nell’antica maniera di celebrare il sacramento della riconciliazione, che registrò diverse fasi e forme, erano previsti atti gravosi di penitenza. Col tempo si affermò una diversa pedagogia: una sorta di cura “intensiva” della misericordia, che, sulla base del perdono sacramentale ottenuto col pentimento sincero e il proposito di vita nuova, consiste nell’implorazione ecclesiale, dunque non solo individuale, di una grazia ulteriore che spinga a una risposta sempre più profonda all’amore di Dio. Nasce così l’attuale prassi dell’indulgenza” che “ espande in noi l’efficacia del perdono sacramentale, favorendo un’apertura a Dio così profonda, da disporre il nostro cuore all’incontro definitivo con Lui, quando lo vedremo così come Egli è (cf 1Gv 3,2)”.
 
Il pastore di Assisi-Nocera U.-Gualdo T. aggiunge che rivere l’indulgenza in Porziuncola “sotto lo sguardo tenero della Madre, è un po’ come lasciarci curare in un singolare “ambulatorio”, in cui Gesù, il medico divino, nella misura della nostra docilità, toglie da noi il “cuore di pietra” e ci dona un “cuore di carne”: il suo stesso cuore! «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo» (Ez 36,36)”.
 
Indulgenza che diventa così “una energia interiore con cui lo Spirito Santo dà nuova forza al nostro impegno”. Ma l’indulgenza, attraverso la preghiera “fatta in fraterna unità” è pure  un fatto ecclesiale, andando oltre il semplice impegno individuale: “«Se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà» (Mt 18,19). Preghiera, a maggior ragione, efficace, quando vi è coinvolta, attraverso il ministero del Papa, l’intera Chiesa. Da Onorio III, che concesse questo dono alla Porziuncola, a papa Francesco, che viene a visitarla per ricevere egli stesso questo dono, brilla in Porziuncola il servizio del successore di Pietro all’unità e alla santità della Chiesa: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16,18). Gesù non cessa di onorare la sua promessa”.  

E infatti, “ Con l’indulgenza si fa una singolare esperienza della comunione ecclesiale, quella che il Simbolo degli Apostoli chiama anche “comunione dei santi”. Legame profondo che ci unisce a Cristo e tra di noi, e che ha nell’Eucaristia il fondamento e il vertice”.  

E ancora, “…nell’implorare l’indulgenza, è la preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre. Anche qui in sintonia col Poverello, che amò tanto il Vicario di Cristo. È provvidenziale a tal fine che, in questo Anno della misericordia, papa Francesco abbia scelto di venire alla Porziuncola, pellegrino tra i pellegrini. Lo accogliamo con gioia. Aderiamo al suo magistero. Preghiamo per lui…”.
 
E infine, ma non da ultimo, nel segno della solidarietà, “L’indulgenza fu per Francesco anche un regalo per la gente più umile e priva di mezzi, in un tempo in cui procurarsi questo beneficio spirituale imponeva costosi e lunghi pellegrinaggi. Francesco chiese al Papa una indulgenza “senza obolo”. A misura dunque dei nullatenenti!”.