domenica 25 ottobre 2015

Tornare a “camminare insieme” nel “tempo della misericordia”

Questa è la sintesi di papa Francesco a conclusione della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata alla famiglia. Nel discorso di ieri il Santo Padre ha detto che “per la Chiesa concludere il Sinodo significa tornare a “camminare insieme” realmente per portare in ogni parte del mondo, in ogni Diocesi, in ogni comunità e in ogni situazione la luce del Vangelo, l’abbraccio della Chiesa e il sostegno della misericordia di Dio!”.
 
Francesco ha evidenziato, evocando con ciò una continuità con i pontefici che lo hanno immediatamente preceduto sul soglio di Pietro, il beato Paolo VI, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che “Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50).” E che “i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule: sono necessarie; l’importanza delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia (cfr Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54).”
 
Nell’omelia  di oggi in S. Pietro, il Pontefice ha affermato: “Le situazioni di miseria e di conflitto sono per Dio occasioni di misericordia. Oggi è tempo di misericordia!” Il Sinodo appena concluso d’altra parte segna un ponte ideale con l’Anno giubilare della Misericordia che si aprirà il prossimo 8 dicembre.
 
Nella Relazione finale viene spiegato come la famiglia faccia parte del piano di Dio e quale sia la sua missione: anche quella di essere soggetto della pastorale, oltre che oggetto. Si ribadisce inoltre l’indissolubilità del matrimonio, la tolleranza zero verso la pedofilia, il rifiuto dell’ideologia del gender, si denunciano le manipolazioni della biotecnologia alla procreazione e si dà grande importanza alla preparazione in vista del matrimonio e poi, una volta formata la famiglia, all’educazione dei figli. Una cura particolare si chiede anche per le famiglie in cui uno dei coniugi non sia cristiano. Quanto alle coppie di fatto, si parte dalla constatazione che in molti casi alla loro base non vi è resistenza nei confronti dell’unione sacramentale, ma «situazioni culturali o contingenti». Così come per la questione dei divorziati risposati civilmente si chiede “di discernere caso per caso” e che questi fedeli "non devono sentirsi scomunicati , ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa". La loro partecipazione, dunque, "può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate". E l’integrazione "è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti”.
 
L’ultima parola adesso spetta al Papa, che nel discorso tenuto il 17 ottobre scorso per commemorare il 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi ha ribadito: “Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell'ascolto, nella consapevolezza che ascoltare «è più che sentire». È un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l'uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo «Spirito della verità» (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli «dice alle Chiese» (Ap 2,7).” Papa Francesco ricorda “ che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”. Una Chiesa “ che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia”, capace di “guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività”.

venerdì 16 ottobre 2015

Tornare a Nazareth

In un’intervista a Luciano Moia di Avvenire il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, vicepresidente Cei per il Nord Italia e relatore al Circolo minore italiano C. del Sinodo dei vescovi in corso di svolgimento in Vaticano, ha richiamato l’attenzione prestata dai padri sinodali alla preparazione al matrimonio dei giovani.
 
“Il "particolare impegno" sollecitato dal nostro circolo per percorsi di "iniziazione dei giovani" al matrimonio e alla famiglia è un lungo cammino che deve iniziare già nel momento adolescenziale e giovanile con l’educazione degli affetti. Pastorale giovanile, familiare, scolastica e insegnamento della religione non devono concorrere insieme a questa opera? Anzi, io direi che si tratta di un "lavoro" che ha come scopo di costruire l’umano, da apprezzare socialmente almeno come l’aumento del Pil. Qui si prepara il patrimonio di un Paese. Bisogna puntare sulla "core generation" (24-40 anni), che è il nostro futuro prossimo”.
 
E il riferimento non può che essere l’esempio lasciato da Gesù con la quotidianità della sua vita incarnata: “Da dove vengono le parabole di Gesù, dove si nutre la sua prossimità ai poveri, alle donne, agli ultimi, i suoi gesti dirompenti e le immagini che hanno cambiato la vita e i costumi del mondo? Vengono dal suo grembo familiare, dal segreto di Nazareth. La prima parola di Gesù sulla famiglia si radica come il granello di senape nel grembo di Nazareth. Questo sguardo, questa terra, è la carne della Parola di Dio. Ad essa dobbiamo sempre tornare.”

domenica 4 ottobre 2015

Dalla solitudine alla famiglia nella fedeltà, verità e carità.

Con la Santa Messa celebrata stamane in S. Pietro, in questa XXVII Domenica del Tempo Ordinario, papa Francesco ha aperto la XIV Assemblea Generale Ordinaria Del Sinodo Dei Vescovi, che fino al 25 ottobre prossimo tratterà il tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. 

All’importante e attesa assise ecclesiale, “evento di grazia” – come lo ha definito lo stesso Pontefice- partecipano 270 sinodali  provenienti da tutto il mondo, che sono chiamati a confrontarsi in base allo Instrumentum laboris  su aspetti che riguardano “L’ascolto delle sfide sulla famiglia” , “Il discernimento della vocazione familiare”, “La missione della famiglia oggi”. 

Nell’omelia  di oggi Francesco ha enucleato i principi a cui attenersi nella discussione, nel rispetto della missione che la Chiesa è chiamata a vivere nella fedeltà, nella verità e nella carità. Il Papa, evocando Gen 2,20, ha richiamato la condizione di solitudine dell’uomo da cui scorga l’amore per un’altra persona a lui complementare (Gen 2,18) e da cui, insostituibile e infungibile, l’amore dell’uomo per la donna e viceversa.

 “Ecco il sogno di Dio per la sua creatura diletta: vederla realizzata nell’unione di amore tra uomo e donna; felice nel cammino comune, feconda nella donazione reciproca. È lo stesso disegno che Gesù nel Vangelo di oggi riassume con queste parole: «Dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne» (Mc 10,6-8; cfr Gen 1,27; 2,24).” 

E’ da questo amore, gratuito e per sempre, che può nascere la famiglia che la Chiesa è chiamata a custodire e annunciare “nella fedeltà al suo Maestro come voce che grida nel deserto, per difendere l’amore fedele e incoraggiare le numerosissime famiglie che vivono il loro matrimonio come uno spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente”. 

Ma “la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella verità che non si muta secondo le mode passeggere o le opinioni dominanti. La verità che protegge l’uomo e l’umanità dalle tentazioni dell’autoreferenzialità e dal trasformare l’amore fecondo in egoismo sterile, l’unione fedele in legami temporanei. «Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità» (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 3). "

"E la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma – fedele alla sua natura di madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere “ospedale da campo”, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di più, di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente di salvezza”.