domenica 30 ottobre 2011

L'essenzialità di Assisi 2011

Ciò che per iniziativa di Benedetto XVI si è verificato giovedì 27 tra la basilica della Porziuncola di S. Maria degli Angeli e il sagrato di S. Francesco ad Assisi è destinato a rimanere nella memoria storica per i contenuti e i segni espressi.

Già nel titolo la commemorazione del venticinquesimo anniversario della "prima Assisi", l'incontro voluto fortemente dal beato Giovanni Paolo II, riprendendo il grido accorato di Paolo VI -non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell'intera umanità! - lanciato davanti alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965 , quando Papa Montini dichiarò la Chiesa di Roma esperta in umanità, ha avuto come tema "Pellegrini della verità, pellegrini della pace". Col pellegrinaggio, esperienza piuttosto comune a quasi tutte le religioni del mondo e comunque non priva di manifestazioni anche non religiose, si è evocato un qualcosa che porta con sé un desiderio, uno sforzo, una ricerca, che insomma spinge ciascuno a non fermarsi.

E poi, a segnare un’altra importante novità nel solco di questo pontificato, mentre nel 1986, tutti i capi delegazione erano leader religiosi, ad Assisi 2011 Benedetto XVI, invitando un uomo politico e tre filosofi che si dichiarano pubblicamente non credenti, ha deliberatamente voluto includere l'intera famiglia umana.

Quanto poi ai contenuti il Papa, tra l’altro, ha detto: “Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della pace” (2 Cor 13,11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo”.

Di questo incontro di Assisi, come ha ricordato il direttore de L'Osservatore Romano , "resteranno l'essenzialità, fatta di immagini cariche di simboli e di parole", che ha avvicinato tutti i presenti a Francesco, figura che oltrepassa ogni appartenenza religiosa e ideologica. Del resto, per esempio, vedersi passare davanti il Pontefice di Roma che, camminando in mezzo agli altri leader religiosi, si avvia per prendere, pellegrino tra i pellegrini, posto sul pulmino che lo ha portato dalla Porziuncola alla piazza della basilica di S. Francesco è un fatto che lascia un segno indelebile nelle coscienze.

sabato 22 ottobre 2011

Cattolici, tra pre-politica e politica

Lo scorso 17 ottobre, nelle antiche stanze del convento di Montesanto a Todi, si è svolto sul tema “La buona politica per il bene comune” il seminario nazionale del Forum delle associazioni cattoliche del mondo del lavoro ( Acli, Compagnia delle Opere, Cisl, Mcl, Coldiretti, Confcooperative, Confartigianato) . Erano presenti anche altre importanti componenti associative del mondo ecclesiale, quali Azione Cattolica, Sant'Egidio, Focolarini, Rinnovamento e Neocatecumenali. Un universo in movimento di circa 15 milioni di aderenti.

E’ da qualche tempo ormai che la Chiesa in Italia auspica un cambio di passo nell’approccio politico. Già nel 2008 a Cagliari Benedetto XVI lanciò un appello per una ''nuova generazione'' di cattolici impegnati in politica. Il Papa proprio di recente durante il suo viaggio in Calabria ha ribadito l'auspicio che "scaturisca una nuova generazione di uomini e donne capaci di promuovere non tanto interessi di parte, ma il bene comune". E non a caso dopo gli ultimi richiami in sede CEI ad un "ricambio d’aria" nella polis, lo stesso card. Bagnasco, aprendo i lavori di Todi si è soffermato sull'impegno ''pre-politico'' dei laici credenti, nella cultura, nella società, nell'educazione a partire dei "valori non negoziabili" per il perseguimento del "bene comune".

Si tratta di procedere dalla coscienza rettamente formata perché il discorso sui valori non negoziabili diventi cultura e prassi politica e non viceversa. Solo così, soprattutto in una società multietnica e multiculturale, si può incontrare l'altro per costruire la città. Per evitare poi di ritrovarsi in una condizione di irrilevanza, tra pre-politica e politica dall'incontro di Todi è emersa, accanto all'esigenza di un nuovo protagonismo dei cattolici, la certezza della necessità di una ''ricomposizione'' del quadro politico che vada oltre l'attuale struttura dell’offerta politica, rivelatasi rissosa e improduttiva.

lunedì 10 ottobre 2011

Per annunciare il logos della nostra fede

Benedetto XVI, nel recente incontro con i seminaristi di Freiburg im Breisgau, trattando della preparazione al sacerdozio, si è soffermato sull’importanza dello studio. Importanza che deriva,soprattutto in questo tempo “razionalistico e condizionato dalla scientificità”, dalla necessità di “essere informati, comprendere, avere la mente aperta, imparare”.

Imparare “a giudicare, a seguire mentalmente un pensiero – e a farlo in modo critico – “. Ma, come sempre, il Papa richiama la complementarietà della fede con la ragione, per “far sì che, nel pensare, la luce di Dio ci illumini e non si spenga”. E infatti, il Santo Padre precisa le coordinate della stessa fede che “non è un mondo parallelo del sentimento, che poi ci permettiamo come un di più, ma è ciò che abbraccia il tutto, gli dà senso, lo interpreta e gli dà anche le direttive etiche interiori, affinché sia compreso e vissuto in vista di Dio e a partire da Dio”. Da qui l’essenzialità dello studio, proprio per “far fronte al nostro tempo ed annunciare ad esso il logos della nostra fede”. Uno studio non acritico “nella consapevolezza, appunto, che domani qualcun altro dirà qualcosa di diverso” ed “essere studenti attenti ed aperti ed umili, per studiare sempre con il Signore, dinanzi al Signore e per Lui”.

Con questa consegna inizio oggi, nell’Istituto Teologico di Assisi, le mie lezioni sul II libro del Codice di diritto canonico che tratta "Il popolo di Dio".

domenica 2 ottobre 2011

Ripartire da Berlino

Nel recente viaggio apostolico nella “sua” Germania, Benedetto XVI ha lasciato altri semi del proprio magistero. In particolare ha avuto eco il discorso che il Pontefice il 22 settembre ha tenuto a Berlino, al Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Ancora una volta più che di un discorso si è trattato di una lezione con lo stile di Papa Ratzinger, che, lasciando per un attimo la teologia, si è addentrato nella filosofia del diritto, dissertando con intensità e umanità allo stesso tempo su contenuti complessi nei dettagli ma semplici nel messaggio. Per dirla in breve alla portata di tutte le menti di buona volontà. Come giustamente è stato ricordato dopo Rastisbona nel 2006 e dopo Parigi nel 2008, la terza grande lezione di questo pontificato.

Visti i tristi e squallidi giorni in cui si dibatte la politica di casa nostra, non è male, per esempio, ripartire dai fondamenti illustrati in questo discorso, per riscoprire il rapporto tra politica e diritto e soprattutto i compiti rispettivamente della politica e del politico.

Il Papa, prima di ogni altra considerazione, ha richiamato il racconto, tratto dal Primo Libro dei Re, del giovane re Salomone in occasione della sua intronizzazione, al quale Dio concesse di avanzare una richiesta: “ Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia. “Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino. Noi tedeschi sappiamo per nostra esperienza che queste parole non sono un vuoto spauracchio. Noi abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico”.