domenica 29 gennaio 2017

Verso il Sinodo dei giovani

Nella Lettera  con cui annuncia che nell’ottobre 2018 si celebrerà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo Dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” il Papa Francesco, rivolgendosi proprio ai giovani, fa un forte invito agli stessi: “ Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori. San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3). 

Come ha ricordato il card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, alla presentazione Documento Preparatorio dell’assemblea sinodale “Con le sue parole il Papa vuole imprimere una scultoria motivazione umana ed ecclesiale del prossimo Sinodo sui giovani, che sono compresi nella fascia di età tra i 16 ed i 29 anni, nella consapevolezza che l’età giovanile richiede di essere adattata alle differenti realtà locali”. 
Il card. Baldisseri ha precisato che il Documento Preparatorio  è inviato ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali e “dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio”, con lo scopo di raccogliere informazioni circa l’odierna condizione dei giovani nei variegati contesti in cui essi vivono, per poterla discernere adeguatamente in vista dell’elaborazione dell’Instrumentum Laboris. È da tenere presente che esso è rivolto a tutti i giovani del mondo nella più ampia dimensione e comprensione e partecipazione”. 

Quanto al contenuto, esso si divide in tre parti. La prima, che riguarda “I GIOVANI NEL MONDO DI OGGI”, “tiene presenti alcuni risultati delle ricerche in ambito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale, così da «lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale» (Laudato Si', 15)”. E ancora si evidenzia: “La capacità di scegliere dei giovani è ostacolata da difficoltà legate alla condizione di precarietà: la fatica a trovare lavoro o la sua drammatica mancanza; gli ostacoli nel costruirsi un’autonomia economica; l’impossibilità di stabilizzare il proprio percorso professionale. Per le giovani donne questi ostacoli sono normalmente ancora più ardui da superare. Il disagio economico e sociale delle famiglie, il modo in cui i giovani assumono alcuni tratti della cultura contemporanea e l’impatto delle nuove tecnologie richiedono maggiore capacità di rispondere alla sfida educativa nella sua accezione più ampia: è questa l’emergenza educativa evidenziata da Benedetto XVI nella Lettera alla Città e alla Diocesi di Roma sull’urgenza dell’educazione (21 gennaio 2008). A livello globale bisogna tenere conto anche delle disuguaglianze tra Paesi e del loro effetto sulle opportunità offerte ai giovani nelle diverse società in termini di inclusione. Anche fattori culturali e religiosi possono ingenerare esclusione, ad esempio per quanto riguarda i divari di genere o la discriminazione delle minoranze etniche o religiose, fino a spingere i giovani più intraprendenti verso l’emigrazione”. 

Nella seconda parte, intitolata “FEDE, DISCERNIMENTO, VOCAZIONE”, vengono “presentati alcuni spunti in vista di un accompagnamento dei giovani a partire dalla fede, in ascolto della tradizione della Chiesa e con il chiaro obiettivo di sostenerli nel loro discernimento vocazionale e nell’assunzione delle scelte fondamentali della vita, a partire dalla consapevolezza del carattere irreversibile di alcune di esse”. Atteso, perciò, che “La fede, in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù (cfr. Lumen fidei, 18), è la fonte del discernimento vocazionale”, per la correttezza di quest’ultimo s’indica con la Evangelii Gaudium 51 un percorso di discernimento, ispirato dai tre verbi “riconoscere, interpretare e scegliere”.

In particolare, “La fase del riconoscere mette al centro la capacità di ascolto e l’affettività della persona, senza sottrarsi per paura alla fatica del silenzio. Si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso di maturazione personale, in particolare per i giovani che sperimentano con maggiore intensità la forza dei desideri e possono anche rimanerne spaventati, rinunciando magari ai grandi passi a cui pure si sentono spinti”. Mentre la “ fase di interpretazione è molto delicata; richiede pazienza, vigilanza e anche un certo apprendimento. Bisogna essere capaci di rendersi conto degli effetti dei condizionamenti sociali e psicologici… confrontarsi onestamente, alla luce della Parola di Dio, anche con le esigenze morali della vita cristiana, sempre cercando di calarle nella situazione concreta che si sta vivendo… in un dialogo interiore con il Signore, con l’attivazione di tutte le capacità della persona; l’aiuto di una persona esperta nell’ascolto dello Spirito è pero un sostegno prezioso che la Chiesa offre e di cui è poco accorto non avvalersi”. Per tutto questo, con riferimento alla scelta, “Una volta riconosciuto e interpretato il mondo dei desideri e delle passioni, l’atto di decidere diventa esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità personale, sempre ovviamente situate e quindi limitate. La scelta si sottrae dunque alla forza cieca delle pulsioni, a cui un certo relativismo contemporaneo finisce per assegnare il ruolo di criterio ultimo, imprigionando la persona nella volubilità. Al tempo stesso si libera dalla soggezione a istanze esterne alla persona e dunque eteronome, richiedendo altresì una coerenza di vita”. E ancora, “Nell’impegno di accompagnamento delle giovani generazioni la Chiesa accoglie la sua chiamata a collaborare alla gioia dei giovani piuttosto che tentare di impadronirsi della loro fede (cfr. 2Cor 1,24). Tale servizio si radica in ultima istanza nella preghiera e nella richiesta del dono dello Spirito che guida e illumina tutti e ciascuno”. 

Ma “Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza?”. A questo risponde la terza parte, che tratta “L’AZIONE PASTORALE”, e che mette “ a fuoco che cosa comporta prendere sul serio la sfida della cura pastorale e del discernimento vocazionale, tenendo in considerazione quali sono i soggetti, i luoghi e gli strumenti a disposizione”. A tal proposito, si evocano “Tre verbi, che nei Vangeli connotano il modo con cui Gesù incontra le persone del suo tempo, ci aiutano a strutturare questo stile pastorale: uscire, vedere, chiamare”. 

Circa i soggetti, “tutti i giovani, nessuno escluso, hanno diritto a essere accompagnati nel loro cammino”, e poi “Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni”, non dimenticando che “ Servono credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento”. Tutti all’interno di una cornice che vede impegnati specificatamente genitori e famiglia (cfr. Amoris laetitia, 259-290), Pastori, insegnanti e altre figure educative. 

A proposito degli ambiti specifici della pastorale, si ricorda che “La Chiesa offre ai giovani dei luoghi specifici di incontro e di formazione culturale, di educazione e di evangelizzazione, di celebrazione e di servizio, mettendosi in prima linea per un’accoglienza aperta a tutti e a ciascuno”, con le GMG, le Parrocchie, le università e le scuole cattoliche, le attività sociali e di volontariato, le associazioni e i movimenti ecclesiali, luoghi di spiritualità, ecc. In un clima di confronto non si può non guardare al mondo digitale e a ciò che rappresenta, in quanto “per le giovani generazioni è divenuto davvero un luogo di vita; offre tante opportunità inedite, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’informazione e la costruzione di legami a distanza, ma presenta anche rischi (ad esempio cyberbullismo, gioco d’azzardo, pornografia, insidie delle chat room, manipolazione ideologica, ecc.)”. 

Ecco allora che più che mai importanti sono gli strumenti da adoperare: “Talvolta ci accorgiamo che tra il linguaggio ecclesiale e quello dei giovani si apre uno spazio difficile da colmare, anche se ci sono tante esperienze di incontro fecondo tra le sensibilità dei giovani e le proposte della Chiesa in ambito biblico, liturgico, artistico, catechetico e mediatico. Sogniamo una Chiesa che sappia lasciare spazi al mondo giovanile e ai suoi linguaggi, apprezzandone e valorizzandone la creatività e i talenti. Riconosciamo in particolare nello sport una risorsa educativa dalle grandi opportunità e nella musica e nelle altre espressioni artistiche un linguaggio espressivo privilegiato che accompagna il cammino di crescita dei giovani”.

lunedì 23 gennaio 2017

Il matrimonio cristiano fra foedus e fides

Nell’annuale incontro inaugurale dell’Anno giudiziario con Giudici, officiali, avvocati e collaboratori del Tribunale Apostolico della Rota Romana, Papa Francesco ha tenuto un discorso con cui ha richiamato l’attenzione sul moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle. E per questo ha indicato due vie da percorrere, l’una in preparazione alla celebrazione del sacramento coniugale e l’altra di accompagnamento permanente  da parte della Chiesa degli sposi nel loro cammino di vita insieme .
Il Pontefice nel soffermarsi su tali “rimedi” si è, a sua volta, richiamato al rapporto tra fede e matrimonio, citando San Giovanni Paolo II con l’Enciclica Fides et ratio, nn.16-17, e Papa Benedetto XVI, che proprio durante l’ultimo discorso alla Rota Romana ricordava che “solo aprendosi alla verità di Dio [...] è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo [...]. Il rifiuto della proposta divina, in effetti conduce ad uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane [...], inclusa quella matrimoniale”.
Così come nell’Enciclica Lumen fidei si afferma che “L’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’ “io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto” (27).
Ma Papa Bergoglio non omette di guardare ad intra, per cui “Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 64), la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede”.
Per quanto riguarda i “rimedi” enunciati, il Pontefice ne ha precisato espressamente le finalità e anche le modalità, evidenziando la necessità di un nuovo catecumenato: “ Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio. Si tratta di aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù. La comunità cristiana alla quale i nubendi si rivolgono è chiamata ad annunciare cordialmente il Vangelo a queste persone, perché la loro esperienza di amore possa diventare un sacramento, un segno efficace della salvezza… Occorre, pertanto, che gli operatori e gli organismi preposti alla pastorale famigliare siano animati da una forte preoccupazione di rendere sempre più efficaci gli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio, per la crescita non solo umana, ma soprattutto della fede dei fidanzati. Scopo fondamentale degli incontri è quello di aiutare i fidanzati a realizzare un inserimento progressivo nel mistero di Cristo, nella Chiesa e con la Chiesa. Esso comporta una progressiva maturazione nella fede, attraverso l’annuncio della Parola di Dio, l’adesione e la sequela generosa di Cristo. La finalità di questa preparazione consiste, cioè, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e a vivere la realtà del matrimonio che intendono celebrare, perché lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede. Per realizzare tutto questo, c’è bisogno di persone con specifica competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi”.
Ma v’è di più col secondo rimedio, che è “quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio” attraverso “un progetto di formazione… con iniziative volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto”.

Per tutto questo, si “richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intelligibile e reale in loro la sinergia tra foedus e fides. Si tratta di passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus-consenso elevato da Cristo a sacramento. Ciò richiederà il generoso apporto di cristiani adulti, uomini e donne, che si affianchino al sacerdote nella pastorale familiare per costruire «il capolavoro della società», cioè «la famiglia: l’uomo e la donna che si amano» (Catechesi, 29 aprile 2015) secondo «il luminoso piano di Dio» (Parole al Concistoro Straordinario, 20 febbraio 2014)”.

sabato 14 gennaio 2017

Il "Santuario della Spogliazione"

Già con l'evento “Vescovado a porte aperte”, tenutosi il 16 dicembre scorso nei locali della Curia vescovile di Assisi, il vescovo diocesano, mons. Domenico Sorrentino, aveva reso nota la decisione di assegnare alla chiesa di Santa Maria Maggiore, antica cattedrale assisana,  il compito di sviluppare per i pellegrini la funzione santuariale, aggiungendo al suo titolo tradizionale, anche quello di ‘santuario della spogliazione’. 

Il presule ne ha spiegato natura e portata della sua iniziativa pastorale nella omelia fatta durante la messa della notte di Natale nella cattedrale di San Rufino, parlando di un santuario "che ricordi quel gesto di Francesco, ma soprattutto che aiuti tutti, fedeli della diocesi e pellegrini, a fare i conti con il vangelo del Natale in modo serio, misurandosi con i criteri dell’amore di Dio e dell’amore dei fratelli”. 


E ciò, proprio alla luce del Natale:
 “Il Bimbo divino sceglie di nascere in una mangiatoia.  Quale spogliazione! San Paolo, nella lettera ai Filippesi, ne parla in termini di “svuotamento”. Dice che Dio, nel suo Figlio, si è “svuotato”, assumendo la condizione di servo, e divenendo simile a noi.  E questo fino al culmine di una morte ignominiosa come quella della croce. 
Mistero grande, che ci dà un’idea nuova di Dio. Un mistero che rivoluziona i criteri del mondo: dopo Gesù, se si vuole contribuire ad una umanità ispirata alla pace e alla fraternità, non è possibile scegliere altra strada che quella dell’amore crocifisso.
Questo mistero affascinò il nostro Francesco. Fu per questo che anch’egli volle spogliarsi di tutto.  Aveva passato venticinque anni tra le ricchezze paterne a rincorrere sogni di gloria. Preferì cambiare rotta e sposare la povertà.  Il giorno in cui, nel vescovado di Assisi, davanti al vescovo Guido, si spogliò di tutto fino a denudarsi, apparve chiara la sua conformazione a Cristo crocifisso.
Il Natale è mistero di spogliazione. Francesco fece suo questo mistero. Papa Francesco, nella visita che ci fece tre anni fa, venne al vescovado proprio per spiegarci il senso di quel gesto. Lo fece con parole toccanti, direi shoccanti, mostrandoci come la “spogliazione” è una modalità di essere, che ogni cristiano deve far sua. Si tratta infatti di spogliarci del nostro egoismo, di sottrarci a quella mondanità che produce il mondo ingiusto che sta sotto i nostri occhi, in cui pochi hanno tutto e di più, e tantissimi  mancano del necessario. Chi vuol essere discepolo di Cristo, chi vuol contemplare fino in fondo il Bimbo di Betlemme, deve imparare a spogliarsi di sé e ad aprirsi agli altri, condividere ciò che ha, perché nel mondo ci sia uno spazio dignitoso per tutti. È ora di una maggiore sobrietà dei nostri stili di vita. È ora di una maggiore fraternità”.
E, portando la data del Natale 2016,  su questo s’incentra la lettera pastorale indirizzata dal vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino alla comunità diocesana e ai pellegrini in occasione del decreto di istituzione di questo nuovo Santuario della spogliazione.  Mons. Sorrentino ricorda che il tutto nel suo animo è partito con la storica visita di Papa Francesco ad Assisi il 4 ottobre 2013, e dalla sua sosta anche nella Sala della spogliazione, indicata comunemente con l’appellativo “fuorviante” di Sala del Trono. Di qui la “connotazione” di santuario alla chiesa di Santa Maria Maggiore, affidandola “ alla sollecitudine della Provincia Serafica dei Frati Cappuccini, già ivi impegnati nel servizio parrocchiale”.
Nella lettera, articolata in 13 punti, mons. Sorrentino illustra il significato della “nudità originaria”, che in Francesco richiama l’Eden e che “non è solo penitenza e rinuncia” ma “si proietta verso lo splendore del corpo risorto, quando la forza di Cristo darà vita nuova anche ai nostri corpi mortali” (n.4). E ancora, il Pastore richiama il modello della nudità di Francesco, che è dato da Gesù crocifisso (n. 5), per cui “Nell’episodio della spogliazione una parola è decisiva:"Finora ho chiamato te, mio padre, sulla terra: d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli". E qui viene rilevata l’esemplarità dell’immagine ecclesiale plasticamente realizzata con l’abbraccio del vescovo Guido, che, con sapiente discernimento, “ vedendo questo e ammirando l’uomo di Dio nel suo fervore senza limiti, subito si alzò, lo prese piangendo fra le sue braccia e pietoso e buono com’era, lo ricoprì con il suo stesso pallio” (n.6). 
Mons. Sorrentino, al riguardo aggiunge: “Raramente, nella storia della Chiesa, istituzione e carisma si sono incontrati con tale immediatezza” (ibidem). Un rapporto che, evocando la paternità del vescovo, richiama la Chiesa madre e dà conto di una precisa prospettiva ecclesiale: “Francesco si distingue, nella storia dei movimenti evangelici del suo tempo, per non aver mai posto l’amore per Cristo in tensione con l’amore per la Chiesa. E ciò non perché gli sfuggissero i limiti che segnano la vita della Chiesa, anche nei suoi ministri. Ma nella Regola, come nel Testamento, è perentorio: ai ministri della Chiesa, anche ai meno esemplari, occorre assicurare il massimo rispetto…L’icona della spogliazione evidenzia così due dimensioni indissociabili della spiritualità di Francesco: la radicalità evangelica e la passione ecclesiale” (n. 8).
Rimanendo sul piano del rapporto padre-madre e quindi della famiglia naturale, il Vescovo Domenico, a scanso di equivoci interpretativi, ricorda e precisa: “Sia chiaro: la famiglia è un valore di prima grandezza. Un preciso comandamento di Dio regola i rapporti tra genitori e figli: "Onora il padre e la madre". Ciò che Francesco rifiuta non è il rapporto di amore col padre, ma l’idolo che lo insidia, il dio-denaro, con le sue logiche di potere e di gloria, a cui Pietro pretendeva di piegarlo. Al tempo stesso, andando oltre gli affetti terreni, Francesco dimostra quanto il vangelo sappia generare un nuovo tipo di famiglia…una famiglia spirituale…Nasce così la fraternitas francescana, il cui ideale sarà vivere "secondo la forma del santo Vangelo".
Fraternità che nasce sul luogo della Porziuncola, donata dai benedettini a Francesco, divenuta “luogo di contemplazione e, insieme, laboratorio di fraternità”. A questo proposito, l’Arcivescovo Sorrentino richiama il progetto diocesano di rinnovamento delle parrocchie, realizzato attraverso le Comunità Maria Famiglie del Vangelo, che ha nella Porziuncola il “luogo ispirante” (n.9).
Ma v’è di più, perché “ Il gesto di Francesco si presta ad essere letto anche da un punto di vista piuttosto inusuale: quello dell’economia” come “profezia di una economia alternativa, il cui motore non è l’interesse egoistico, ma l’etica della gratuità, della fraternità, della solidarietà”, così come affermato da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium a proposito di un mondo governato da un un’economia che “uccide”, a vantaggio di pochi…” (n. 10).
Mons. Sorrentino, sulle orme di Francesco, indica con forza la via della missione per una Chiesa scevra dai fardelli del possesso e del potere (n.11), auspicando che il Santuario della Spogliazione diventi luogo di riconciliazione “in cui abbandonare orgogli e puntigli che minano la pace” (n. 12).
Il Pastore della Chiesa che è in Assisi-Nocera U.-Gualdo T. conclude con  lo sguardo della Madre, individuando il “tratto mariano della spogliazione”: “prima che a Francesco, infatti, la spiritualità della spogliazione rinvia al mistero di Gesù, e Maria vi partecipa con tutta la forza del suo “fiat”: il “si”  dell’Annunciazione e del Calvario. Ella visse totalmente spoglia di sé, donna del silenzio e dell’ascolto, trasparenza di Cristo”.  

domenica 8 gennaio 2017

Il “credente nostalgioso”

Papa Francesco, all’omelia della santa Messa celebrata lo scorso venerdì nella basilica vaticana per la solennità dell’Epifania del Signore, ha evocato il peculiare stato d’animo del “credente nostalgioso”. 

Il Pontefice si è soffermato sull’esperienza dei magi, questi tre sapienti d’Oriente animati da uno spirito nostalgico che li fa muovere, li mette in cammino. Francesco precisa: “ i magi non si misero in cammino perché avevano visto la stella ma videro la stella perché si erano messi in cammino (cfr San Giovanni Crisostomo). Avevano il cuore aperto all’orizzonte e poterono vedere quello che il cielo mostrava perché c’era in loro un desiderio che li spingeva: erano aperti a una novità”.

Ecco allora il richiamo all’uomo credente “che ha nostalgia di Dio”: “La santa nostalgia di Dio scaturisce nel cuore credente perché sa che il Vangelo non è un avvenimento del passato ma del presente. La santa nostalgia di Dio ci permette di tenere gli occhi aperti davanti a tutti i tentativi di ridurre e di impoverire la vita. La santa nostalgia di Dio è la memoria credente che si ribella di fronte a tanti profeti di sventura. Questa nostalgia è quella che mantiene viva la speranza della comunità credente che, di settimana in settimana, implora dicendo: «Vieni, Signore Gesù!»”. 

Ecco allora che, superando certi fatalismi e conformismi e andando verso il futuro, “Il credente “nostalgioso”, spinto dalla sua fede, va in cerca di Dio, come i magi, nei luoghi più reconditi della storia, perché sa in cuor suo che là lo aspetta il Signore. Va in periferia, in frontiera, nei luoghi non evangelizzati, per potersi incontrare col suo Signore; e non lo fa affatto con un atteggiamento di superiorità, lo fa come un mendicante che non può ignorare gli occhi di colui per il quale la Buona Notizia è ancora un terreno da esplorare”. 

E infatti, “I magi sentirono nostalgia, non volevano più le solite cose. Erano abituati, assuefatti e stanchi degli Erode del loro tempo. Ma lì, a Betlemme, c’era una promessa di novità, una promessa di gratuità. Lì stava accadendo qualcosa di nuovo. I magi poterono adorare perché ebbero il coraggio di camminare e prostrandosi davanti al piccolo, prostrandosi davanti al povero, prostrandosi davanti all’indifeso, prostrandosi davanti all’insolito e sconosciuto Bambino di Betlemme, lì scoprirono la Gloria di Dio”.