lunedì 24 gennaio 2011

Nell’Allocuzione del Papa alla Rota Romana un’azione pastorale volta alla prevenzione delle nullità matrimoniali

Ogni anno di questi giorni il Papa inaugura l'Anno giudiziario rivolgendo nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano un solenne discorso ai prelati uditori, agli officiali e agli avvocati del Tribunale della Rota Romana.

Nel 2006, il Pontefice con l’Allocuzione, come tecnicamente viene denominato il discorso, evidenziò il senso pastorale dei processi di nullità matrimoniale, fondato sull’amore per la verità. Nel 2007 la riflessione ha riguardato la verità del matrimonio; nel 2008 il valore della giurisprudenza rotale nel complesso dell’amministrazione della giustizia ; nel 2009 la necessità di giudicare rettamente le cuase relative all’incapacità consensuale e nel 2010 infine l’amministrazione della giustizia in rapporto con la carità e la verità.

Quest’anno Benedetto XVI si è soffermato su “la dimensione giuridica che è insita nell’attività pastorale di preparazione e ammissione al matrimonio, per cercare di mettere in luce il nesso che intercorre tra tale attività e i processi giudiziari matrimoniali”.

Un discorso,destinato a rimanere miliare nella prassi giuridica e pastorale, ove tra l’altro si afferma: “Non esiste, pertanto, un matrimonio della vita ed un altro del diritto: non vi è che un solo matrimonio, il quale è costitutivamente vincolo giuridico reale tra l'uomo e la donna, un vincolo su cui poggia l'autentica dinamica coniugale di vita e di amore. Il matrimonio celebrato dagli sposi, quello di cui si occupa la pastorale e quello messo a fuoco dalla dottrina canonica, sono una sola realtà naturale e salvifica, la cui ricchezza dà certamente luogo a una varietà di approcci, senza però che ne venga meno l'essenziale identità…

Il diritto a sposarsi, o ius connubii, va visto in tale prospettiva. Non si tratta, cioè, di una pretesa soggettiva che debba essere soddisfatta dai pastori mediante un mero riconoscimento formale, indipendentemente dal contenuto effettivo dell'unione. Il diritto a contrarre matrimonio presuppone che si possa e si intenda celebrarlo davvero, dunque nella verità della sua essenza così come è insegnata dalla Chiesa. Nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale. Lo ius connubii, infatti, si riferisce al diritto di celebrare un autentico matrimonio. Non si negherebbe, quindi, lo ius connubii laddove fosse evidente che non sussistono le premesse per il suo esercizio, se mancasse, cioè, palesemente la capacità richiesta per sposarsi, oppure la volontà si ponesse un obiettivo che è in contrasto con la realtà naturale del matrimonio”.

Da ciò, quindi la necessità di curare più compitamente la preparazione al matrimonio secondo quanto stabilito già dal Magistero della Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, ma tenendo conto “tuttavia, che l'obiettivo immediato di tale preparazione è quello di promuovere la libera celebrazione di un vero matrimonio, la costituzione cioè di un vincolo di giustizia ed amore tra i coniugi, con le caratteristiche dell’unità ed indissolubilità, ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole, e che tra battezzati costituisce uno dei sacramenti della Nuova Alleanza.

Con ciò non viene rivolto alla coppia un messaggio ideologico estrinseco, né tanto meno viene imposto un modello culturale; piuttosto, i fidanzati vengono posti in grado di scoprire la verità di un'inclinazione naturale e di una capacità di impegnarsi che essi portano inscritte nel loro essere relazionale uomo-donna. È da lì che scaturisce il diritto quale componente essenziale della relazione matrimoniale, radicato in una potenzialità naturale dei coniugi che la donazione consensuale attualizza.

Ragione e fede concorrono a illuminare questa verità di vita, dovendo comunque rimanere chiaro che, come ha insegnato ancora il Venerabile Giovanni Paolo II, «la Chiesa non rifiuta la celebrazione delle nozze a chi è bene dispositus, anche se imperfettamente preparato dal punto di vista soprannaturale, purché abbia la retta intenzione di sposarsi secondo la realtà naturale della cοniugalità» (Allocuzione alla Rota Romana, 30 gennaio 2003, n. 8: AAS 95 [2003], p. 397). In questa prospettiva, una cura particolare deve essere posta nell’accompagnare la preparazione al matrimonio sia remota, sia prossima, sia immediata (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 66: AAS 73 [1981], pp. 159-162)”.

Un’azione pastorale, dunque, nel richiamo della novità ratzingeriana quale vera e propria profilassi che eviti di celebrare invalidamente il matrimonio.

sabato 8 gennaio 2011

L’importanza dell’omelia

Ogni domenica e nelle solennità milioni di battezzati ascoltano l’omelia, la cui importanza nella preparazione è richiamata al n. 59 dell'esortazione apostolica postsinodale "Verbum Domini" sulla Parola di Dio nella vita della Chiesa. Papa Ratzinger, come evidenzia Sandro Magister, in ciò si distingue personalmente pensando e preparando con estrema cura le omelie, che costituiscono un sicuro riferimento del suo magistero ordinario. Libri Scheiwiller ha già raccolto le omelie papali in tre volumi, l’ultimo dei quali contiene quelle pronunciate nell’anno liturgico appena trascorso (Benedetto XVI, "Omelie di Joseph Ratzinger, papa. Anno liturgico 2010", a cura di Sandro Magister. Libri Scheiwiller, Milano, 2010, pp. 420).

Già nella precedente esortazione postsinodale Sacramentum caritatis, il Papa aveva sottolineato la necessità di migliorare “la qualità della omelia”, che, ricorda nella Verbum Domini "costituisce un’attualizzazione del messaggio scritturistico, in modo tale che i fedeli siano indotti a scoprire la presenza e l’efficacia della Parola di Dio nell’oggi della propria vita" e pertanto "deve condurre alla comprensione del mistero che si celebra, invitare alla missione, disponendo l’assemblea alla professione di fede, alla preghiera universale e alla liturgia eucaristica".

Da ciò una serie di rischi da evitare da parte dei ministri sacri deputati alla predicazione e cioè svolgere "omelie generiche ed astratte, che occultino la semplicità della Parola di Dio, come pure inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico", che rimane quello di mostrare Cristo, centro di ogni omelia.