domenica 25 agosto 2013

“Diamoci del tu"

Quando nella comunicazione interpersonale si passa dal formale "lei" al più informale "tu”, ciò può accadere per ragioni diverse,  ma soprattutto per rendere più intima la relazione con un atteggiamento confidenziale che richiama il "tu" rispetto al "lei" d’obbligo della lingua italiana. Generalmente è la persona maggiore di età che propone il tono più amicale. Così nella quotidianità dei rapporti tra persone “normali”. 

Certamente il discorso cambia se a dire “diamoci del tu” è niente di meno che il Papa e per di più al telefono. E’ quello che accaduto nei giorni scorsi ad un giovane veneto che si è visto telefonare proprio dal Pontefice , il quale, nel dirgli di darsi il tu, ha aggiunto: "Credi che gli apostoli dessero del Lei a Gesù - gli ha chiesto Bergoglio -? O lo chiamassero Sua eccellenza? Erano amici come lo siamo adesso io e te, ed io agli amici son o abituato a dare del Tu".

Quanta verità, in una conversazione durata circa otto minuti, che rende per così dire giustizia anche dei felpati rapporti tra gli stessi Vescovi, segnati incomprensibilmente dal rigoroso “lei”. Il gesto di Papa Bergoglio, che probabilmente ha suscitato qualche perplessità se non sconcerto negli ambienti più tradizionali della Chiesa, è destinato comunque a lasciare il “segno”. Come sempre.

lunedì 12 agosto 2013

La Chiesa e la comunione ai divorziati risposati

Come hanno raccontato le cronache, durante il volo di ritorno da Rio de Janiero Papa Francesco non si è sottratto al fuoco di domande senza “filtro” dei giornalisti al seguito. 

Tra gli argomenti trattati quello della “comunione ai cattolici divorziati e risposati”. La questione posta investe la pastorale matrimoniale, della quale il Papa ha anticipato che se ne occuperà, tra l’altro, il gruppo degli otto cardinali  da lui costituito proprio per consigliarlo nell’affrontare le problematiche ecclesiali più urgenti . La tematica inoltre sarà al vaglio del prossimo Sinodo dei Vescovi, che approfondirà come "la fede aiuta la famiglia". 

A buona memoria però  va detto che dell’argomento se ne occupò il card. Joseph Ratzinger da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede già nel 1998 con uno scritto  in cui si precisano gli ambiti del problema:” Se la Chiesa accettasse la teoria che un matrimonio è morto, quando i due coniugi non si amano più, allora approverebbe con questo il divorzio e sosterrebbe l’indissolubilità del matrimonio in modo ormai solo verbale, ma non più in modo fattuale. L’opinione, secondo cui il Papa potrebbe eventualmente sciogliere un matrimonio sacramentale consumato, irrimediabilmente fallito, deve pertanto essere qualificata come erronea. Un tale matrimonio non può essere sciolto da nessuno. Gli sposi nella celebrazione nuziale si promettono la fedeltà fino alla morte. Ulteriori studi approfonditi esige invece la questione se cristiani non credenti — battezzati, che non hanno mai creduto o non credono più in Dio — veramente possano contrarre un matrimonio sacramentale. In altre parole: si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramentale. Di fatto anche il Codice indica che solo il contratto matrimoniale «valido» fra battezzati è allo stesso tempo sacramento (cfr. Codex iuris canonici, can. 1055, § 2). All’essenza del sacramento appartiene la fede; resta da chiarire la questione giuridica circa quale evidenza di «non fede» abbia come conseguenza che un sacramento non si realizzi”.

 E non va dimenticato che la problematica è stata presente nella cura di Papa Benedetto XVI, che ne parlò nell’estate del 2005 ad un incontro con il clero della Diocesi di Aosta: “Nessuno di noi ha una ricetta fatta, anche perché le situazioni sono sempre diverse. Direi particolarmente dolorosa è la situazione di quanti erano sposati in Chiesa, ma non erano veramente credenti e lo hanno fatto per tradizione, e poi trovandosi in un nuovo matrimonio non valido si convertono, trovano la fede e si sentono esclusi dal Sacramento. Questa è realmente una sofferenza grande e quando sono stato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ho invitato diverse Conferenze episcopali e specialisti a studiare questo problema: un sacramento celebrato senza fede. Se realmente si possa trovare qui un momento di invalidità perché al sacramento mancava una dimensione fondamentale non oso dire. Io personalmente lo pensavo, ma dalle discussioni che abbiamo avuto ho capito che il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito. Ma data la situazione di sofferenza di queste persone, è da approfondire “.

Approfondire un tema si complesso ma nel segno della misericordia, cui si richiama costantemente Papa Francesco:”Con riferimento al problema della Comunione alle persone in seconda unione, perché i divorziati possono fare la Comunione, non c’è problema, ma quando sono in seconda unione, non possono. .. credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale…Siamo in cammino per una pastorale matrimoniale un po’ profonda. E questo è un problema di tutti, perché ci sono tanti, no? Per esempio, ne dico uno soltanto: il cardinale Quarracino, il mio predecessore, diceva che per lui la metà dei matrimoni sono nulli. Ma diceva così, perché? Perché si sposano senza maturità, si sposano senza accorgersi che è per tutta la vita, o si sposano perché socialmente si devono sposare. E in questo entra anche la pastorale matrimoniale. E anche il problema giudiziale della nullità dei matrimoni, quello si deve rivedere, perché i Tribunali ecclesiastici non bastano per questo. E’ complesso, il problema della pastorale matrimoniale”.

giovedì 8 agosto 2013

Una Chiesa capace di ricondurre a Gerusalemme

Tra le tante cose destinate a restare del viaggio Apostolico a Rio de Janeiro in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù vi è il discorso del Santo Padre Francesco tenuto il 27 luglio all’episcopato brasiliano. 

Qualcuno l’ha definito pietra miliare in quanto “la sintesi più appassionata della sua visione sulla missione odierna della Chiesa”. 
Bella l’evocazione dell’icona di Emmaus per leggere la Chiesa del presente e del futuro. 

Papa Bergoglio, nel richiamare l’episodio evangelico (cfr Lc 24, 13-15) ha detto: “. I due discepoli scappano da Gerusalemme. Si allontano dalla “nudità” di Dio. Sono scandalizzati dal fallimento del Messia nel quale avevano sperato e che ora appare irrimediabilmente sconfitto, umiliato, anche dopo il terzo giorno (vv. 17-21). Il mistero difficile della gente che lascia la Chiesa; di persone che, dopo essersi lasciate illudere da altre proposte, ritengono che ormai la Chiesa - la loro Gerusalemme - non possa offrire più qualcosa di significativo e importante. E allora vanno per la strada da soli, con la loro delusione. Forse la Chiesa è apparsa troppo debole, forse troppo lontana dai loro bisogni, forse troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, forse troppo fredda nei loro confronti, forse troppo autoreferenziale, forse prigioniera dei propri rigidi linguaggi, forse il mondo sembra aver reso la Chiesa un relitto del passato, insufficiente per le nuove domande; forse la Chiesa aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta. Il fatto è che oggi ci sono molti che sono come i due discepoli di Emmaus; non solo coloro che cercano risposte nei nuovi e diffusi gruppi religiosi, ma anche coloro che sembrano ormai senza Dio sia nella teoria che nella pratica”. 

Importante è la domanda che si pone il Pontefice e soprattutto la risposta che dà: “Di fronte a questa situazione che cosa fare?Serve una Chiesa che non abbia paura di entrare nella loro notte. Serve una Chiesa capace di incontrarli nella loro strada. Serve una Chiesa in grado di inserirsi nella loro conversazione. Serve una Chiesa che sappia dialogare con quei discepoli, i quali, scappando da Gerusalemme, vagano senza meta, da soli, con il proprio disincanto, con la delusione di un Cristianesimo ritenuto ormai terreno sterile, infecondo, incapace di generare senso”.

Dopo aver descritto, al di là degli aspetti positivi (come per esempio, la diminuzione delle distanze, l’avvicinamento tra le persone e le culture, la diffusione dell’informazione e dei servizi), gli effetti negativi della globalizzazione quali “la confusione circa il senso della vita, la disintegrazione personale, la perdita dell’esperienza di appartenere a un “nido”, la mancanza di un luogo e di legami profondi”, Francesco ha aggiunto: “Davanti a questo panorama, serve una Chiesa in grado di far compagnia, di andare al di là del semplice ascolto; una Chiesa che accompagna il cammino mettendosi in cammino con la gente; una Chiesa capace di decifrare la notte contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle da Gerusalemme; una Chiesa che si renda conto di come le ragioni per le quali c’è gente che si allontana contengono già in se stesse anche le ragioni per un possibile ritorno, ma è necessario saper leggere il tutto con coraggio. Gesù diede calore al cuore dei discepoli di Emmaus”.