sabato 31 gennaio 2015

Buon lavoro, signor presidente!

Dalle 13 di stamane abbiamo un nuovo presidente della Repubblica, eletto con 665 voti dal Parlamento in seduta comune e col concorso dei delegati regionali: è Sergio Mattarella.

E’ il primo Capo dello Stato siciliano della storia repubblicana. Nato a Palermo il 23 luglio 1941, cattolico, vedovo (la sua unica moglie è morta nel 2012), ha tre figli. Già ordinario di diritto parlamentare, lascia l'incarico di giudice della Corte Costituzionale, dopo essere stato per lunghi anni parlamentare.

Oggi da tutti riconosciuto come uomo perbene, per la biografia personale e familiare , intrisa di saldi principi e competenza con cui ha ricoperto i diversi incarichi istituzionali a cui è stato chiamato nel corso degli anni e che ha sempre svolto con sapienza costituzionale.

Una scelta per l'Italia promossa e sostenuta con magistrale perizia politica dal segretario del Pd.

sabato 24 gennaio 2015

"Contesto umano e culturale in cui si forma l’intenzione matrimoniale"

Papa Francesco,  nel corso dell’annuale udienza concessa ai prelati uditori, officiali e avvocati del tribunale della Rota romana, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, si è soffermato sulla “fede” che anima gli sposi e sulla sua incidenza sullo stesso consenso matrimoniale e dunque sulla eventuale invalidità di quest’ultimo.
 
Invalidità o meno di cui sono chiamati ad occuparsi i tribunali ecclesiastici: “Il giudice è chiamato ad operare la sua analisi giudiziale quando c’è il dubbio sulla validità del matrimonio, per accertare se ci sia un vizio d’origine del consenso, sia direttamente per difetto di valida intenzione, sia per grave deficit nella comprensione del matrimonio stesso tale da determinare la volontà (cfr. can. 1099)”.
 
Il Papa ha individuato una causa sostanziale del consenso matrimoniale non valido nell’abbandono di una prospettiva di fede da parte dei battezzati, come già rilevava nel lontano 1974 il beato Paolo VI che “stigmatizzava le malattie dell’uomo moderno «talora vulnerato da un relativismo sistematico, che lo piega alle scelte più facili della situazione, della demagogia, della moda, della passione, dell’edonismo, dell’egoismo, così che esteriormente tenta di impugnare la “maestà della legge”, e interiormente, quasi senza avvedersi, sostituisce all’impero della coscienza morale il capriccio della coscienza psicologica» (Allocuzione del 31 gennaio 1974: AAS 66 [1974], p. 87)”.
 
Una fede, quindi, permeata di “mondanità spirituale”, che “si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa (Esort. ap. Evangelii gaudium, 93), e che conduce a perseguire, invece della gloria del Signore, il benessere personale”. Francesco ha aggiunto: “E’ evidente che, per chi si piega a questo atteggiamento, la fede rimane priva del suo valore orientativo e normativo, lasciando campo aperto ai compromessi con il proprio egoismo e con le pressioni della mentalità corrente, diventata dominante attraverso i mass media ”.
 
Da ciò le conseguenze tratte dal Pontefice sul piano giurisprudenziale, ammonendo in tal senso gli operatori dei Tribunali ecclesiastici e in particolare i giudici: “Per questo il giudice, nel ponderare la validità del consenso espresso, deve tener conto del contesto di valori e di fede – o della loro carenza o assenza – in cui l’intenzione matrimoniale si è formata. Infatti, la non conoscenza dei contenuti della fede potrebbe portare a quello che il Codice chiama errore determinante la volontà (cfr can. 1099). Questa eventualità non va più ritenuta eccezionale come in passato, data appunto la frequente prevalenza del pensiero mondano sul magistero della Chiesa”.
 
Questo s’impone, per il Santo Padre, perché “Tale errore non minaccia solo la stabilità del matrimonio, la sua esclusività e fecondità, ma anche l’ordinazione del matrimonio al bene dell’altro, l’amore coniugale come «principio vitale» del consenso, la reciproca donazione per costituire il consorzio di tutta la vita. «Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 66), spingendo i nubenti alla riserva mentale circa la stessa permanenza dell’unione, o la sua esclusività, che verrebbero meno qualora la persona amata non realizzasse più le proprie aspettative di benessere affettivo.” A proposito del bonum coniugum e della suo riverbero sul piano consensivo dei nubenti è utile richiamare quanto Benedetto XVI ebbe a dire in un’analoga circostanza .
E ancora questa la "consegna" di papa Bergoglio ai tribunali: “Vorrei dunque esortarvi ad un accresciuto e appassionato impegno nel vostro ministero, posto a tutela dell’unità della giurisprudenza nella Chiesa. Quanto lavoro pastorale per il bene di tante coppie, e di tanti figli, spesso vittime di queste vicende! Anche qui, c’è bisogno di una conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche (cfr ibid., 27), per offrire l’opus iustitiae a quanti si rivolgono alla Chiesa per fare luce sulla propria situazione coniugale. Ecco la difficile missione vostra, come di tutti i Giudici nelle diocesi: non chiudere la salvezza delle persone dentro le strettoie del giuridicismo. La funzione del diritto è orientata alla salus animarum a condizione che, evitando sofismi lontani dalla carne viva delle persone in difficoltà, aiuti a stabilire la verità nel momento consensuale: se cioè fu fedele a Cristo o alla mendace mentalità mondana”.
 
Tenendo conto di quanto evidenziato lo scorso anno, sempre alla Rota, “La dimensione giuridica e la dimensione pastorale del ministero ecclesiale non sono in contrapposizione, perché entrambe concorrono alla realizzazione delle finalità e dell’unità di azione proprie della Chiesa. L’attività giudiziaria ecclesiale, che si configura come servizio alla verità nella giustizia, ha infatti una connotazione profondamente pastorale, perché finalizzata al perseguimento del bene dei fedeli e alla edificazione della comunità cristiana”.
 
E, infine, papa Francesco ha evocato la necessità in concreto di rendere accessibile a tutti i fedeli la via giudiziaria per l’accertamento della eventuale nullità matrimoniale: “Torna utile ricordare … la necessaria presenza presso ogni tribunale ecclesiastico di persone competenti a prestare sollecito consiglio sulla possibilità di introdurre una causa di nullità matrimoniale; mentre altresì viene richiesta la presenza di patroni stabili, retribuiti dallo stesso tribunale, che esercitino l’ufficio di avvocati…Mi piace sottolineare che un rilevante numero di cause presso la Rota Romana sono di gratuito patrocinio a favore di parti che, per le disagiate condizioni economiche in cui versano, non sono in grado di procurarsi un avvocato. E questo è un punto che voglio sottolineare: i sacramenti sono gratuiti. I sacramenti ci danno la grazia. E un processo matrimoniale tocca il sacramento del matrimonio. Quanto vorrei che tutti i processi fossero gratuiti!”.
 
E’ opportuno aggiungere, al riguardo, che in Italia tale sistema è garantito già dal 1999. E infatti, la Conferenza episcopale italiana copre la gran parte dei costi di un processo di nullità, attingendo ai fondi dell’otto per mille. In tal senso, presso ogni tribunale ecclesiastico regionale, competente a trattare della nullità matrimoniale, è stata istituita la figura del Patrono stabile (nel numero di almeno due), che riceve un compenso professionale dalla Regione ecclesiastica di appartenenza e che è chiamato a fornire consulenza gratuita oltre che assisenza in giudizio ai fedeli che vi si rivolgono.
 
Per chi si avvale di questi avvocati, il costo di un processo cui si è tenuti a contribuire è attualmente di € 525,00, comprensivo del primo e secondo grado di giudizio (necessitando la nullità matrimoniale definitiva di una doppia sentenza conforme pronunciata da due tribunali ecclesiastici competenti). Va precisato altresì che chi versa in condizioni economiche disagiate, da non poter corrispondere neppure il suddetto contributo di € 525,00, può accedere ad una riduzione dello stesso ovvero ad una sua dilazione nel pagamento. In caso di assoluta indigenza poi il processo è comunque già fin d’ora totalmente gratuito.

mercoledì 14 gennaio 2015

Il saluto allo statista

Giorgio Napolitano l’aveva detto nell’accettare la rielezione a presidente della Repubblica,  che sarebbe rimasto in carica fin quando la situazione “eccezionale” fosse durata e “fin quando le forze mi sorreggeranno”.
 
Con lo spread a 130 e le riforme avviate, non sottovalutando i “segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono”, alle 10.40 di stamane ha firmato la lettera di dimissioni che poi è stata consegnata, nel rispetto della prassi costituzionale, ai presidenti delle due Camere e al presidente del Consiglio.
 
Al cittadino non resta che unirsi al coro di grazie all'uomo e allo statista, che ha retto le istituzioni civili di questo Paese in anni così turbolenti sul piano economico e politico.

martedì 6 gennaio 2015

A proposito di matrimonio concordatario

C’è chi si chiede se il matrimonio celebrato con rito concordatario, ossia davanti ad un ministro di culto cattolico secondo la forma canonica con richiamo delle norme civili in materia, abbia ancora conservato la sua valenza sociale e dunque giuridica. E’ opportuno fare un breve excursus per cogliere alcuni aspetti qualificanti di ciò che si tratta.
 
L’art. 34 del Concordato conferiva effetti civili (con la trascrizione nei registri dello stato civile) ad un atto matrimoniale indissolubile anche per lo Stato, cui era espressamente riconosciuta natura sacramentale, nato nell’ordinamento della Chiesa cattolica e regolato, nei suoi requisiti di validità, al diritto canonico. Il cosiddetto matrimonio concordatario nasceva per l’indiscusso riconoscimento che nella coscienza sociale italiana ricevevano i principi della religione cattolica, religione ufficiale dello Stato con i Patti Lateranensi, per cui il modello canonico serviva a rafforzare, pur con la sua chiara connotazione confessionista, l’istituto matrimoniale.
 
E tuttavia, superato il confessionismo di Stato con la Costituzione del ‘48, si assiste ad un progressivo “recupero” da parte dello Stato di sovranità ceduta alla Chiesa con il Concordato. Ciò è stato frutto di un mutato costume sociale e quindi di una coscienza collettiva meno adusa a riconoscersi nella prassi dettata dai principi confessionali cattolici, a partire dalla indissolubilità del vincolo matrimoniale. Ne consegue lo stravolgimento del modello matrimoniale-concordatario con l’emanazione nel 1970 della legge introduttiva del divorzio nell’ordinamento civile, nonché con la riforma del diritto di famiglia ex lege 151/1975. Proprio negli anni settanta, qualcuno parlò di “fine del matrimonio concordatario” a causa dei colpi operati dalla legislazione civile.
 
E ancora un ulteriore ridimensionamento si ha con l’art. 8 dell’Accordo del 1984, che sostituisce l’art. 34 del Concordato, con effetti ambigui, se non contraddittori, sul piano processuale, per cui l’atto dichiarato nullo nell’ordinamento canonico può continuare - per scelta delle parti o per decisione del giudice - a fungere da valido “presupposto” per il riconoscimento degli effetti civili. Mentre il matrimonio canonico, può essere dichiarato nullo anche dai tribunali dello Stato a mezzo di una sentenza destinata a restare irrilevante per l’ordinamento della Chiesa, per la qualcosa un vincolo nullo per lo Stato, continua a produrre validamente i suoi effetti nell‘ordinamento canonico.
 
Il tutto si verifica, rimanendo ancora de iure condendo un’apposita legge matrimoniale sostitutiva dell’ormai superata normativa emanata nel lontano 1929 con la L.847 ancora in vigore per le parti compatibili con la nuova disciplina. Mentre la Conferenza Episcopale Italiana, con mandato speciale della Segreteria di Stato, già nel 1990 ha emanato un “Decreto generale sul matrimonio canonico”. Legge matrimoniale, che, unitamente ad una disciplina sulla libertà religiosa, potrebbe ridurre se non escludere del tutto il campo di applicazione del diritto pattizio in materia, tornando così ai due riti, religioso e civile, come prima del ’29 in Italia e come avviene in quei Paesi in cui non vige il sistema concordatario.

sabato 3 gennaio 2015

Ricominciare...



Finiti i botti di capodanno, un salutare silenzio e un ritorno alla quotidianità. La seconda domenica di Natale ce ne offre l’occasione (Sir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18), richiamandoci al senso più vero della festa e della gioia con l'accoglienza della parola di Dio.

 Un ricominciare, quindi, da Cristo, con Cristo, per Cristo attraverso la Parola creatrice. In Gv 1, 1-18 la Sapienza e la Parola vengono presentate come "persona" legata a Dio e mandata da Dio nel mondo per orientarlo verso la vita. Attraverso l’ascolto con la partecipazione attiva alla liturgia, che attua il mistero del dono di Cristo nell’Eucarestia.
 
Ed è così che ci si rafforza per vivere nel mondo senza rinchiudersi nelle proprie “sicurezze”, assumendo posizioni intransigenti da divenire intolleranti e integraliste. La fede non ha paura di entrare in dialogo con altre culture e con altre visioni del mondo.
 
A questo proposito viene spontaneo richiamare il magistero pontificio di Benedetto XVI e, in continuità, quello di papa Francesco. Papa Ratzinger ci ha insegnato che la fede non può esimersi dall'uso della ragione e della conoscenza, giacché senza la sapienza (fatta di conoscenza e di consapevolezza con lo studio e l'approfondimento), insomma senza il pensiero, in una parola, senza il Logos,  Dio non viene ad abitare in mezzo a noi.
 
Papa Francesco è più che mai aperto al confronto, al dialogo, operando in una realtà che vive etsi Deus non daretur. E lo fa con il suo stile proprio, figlio di una cultura distante dal consueto, fin qui, modello europeo della Chiesa e a costo di suscitare qualche incomprensione. Uno stile che però  raggiunge il cuore degli uomini di questo tempo. L’ateismo non è più soltanto il problema di pochi: esso investe un numero sempre maggiore di uomini, tanto da diventare un fenomeno di civiltà. Per non dimenticare il fenomeno crescente dei battezzati non praticanti. E Francesco insiste nel richiamare la misericordia di Dio, nel senso etimologico del termine di aprire il cuore alla “miseria” altrui. E nell’ascoltare le ragioni dell’altro, che non crede ma che cerca. Perché avere fede non significa aderire ad una dottrina o peggio ad una ideologia da difendere. E neppure quella di trovare sostegno in un'etica o peggio un moralismo.

E allora, ricominciare, per essere testimoni credibili di una vita vissuta veluti si Deus daretur, magari con la bella preghiera di colletta di questa domenica ormai prossima:

Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno”.