sabato 3 gennaio 2015

Ricominciare...



Finiti i botti di capodanno, un salutare silenzio e un ritorno alla quotidianità. La seconda domenica di Natale ce ne offre l’occasione (Sir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18), richiamandoci al senso più vero della festa e della gioia con l'accoglienza della parola di Dio.

 Un ricominciare, quindi, da Cristo, con Cristo, per Cristo attraverso la Parola creatrice. In Gv 1, 1-18 la Sapienza e la Parola vengono presentate come "persona" legata a Dio e mandata da Dio nel mondo per orientarlo verso la vita. Attraverso l’ascolto con la partecipazione attiva alla liturgia, che attua il mistero del dono di Cristo nell’Eucarestia.
 
Ed è così che ci si rafforza per vivere nel mondo senza rinchiudersi nelle proprie “sicurezze”, assumendo posizioni intransigenti da divenire intolleranti e integraliste. La fede non ha paura di entrare in dialogo con altre culture e con altre visioni del mondo.
 
A questo proposito viene spontaneo richiamare il magistero pontificio di Benedetto XVI e, in continuità, quello di papa Francesco. Papa Ratzinger ci ha insegnato che la fede non può esimersi dall'uso della ragione e della conoscenza, giacché senza la sapienza (fatta di conoscenza e di consapevolezza con lo studio e l'approfondimento), insomma senza il pensiero, in una parola, senza il Logos,  Dio non viene ad abitare in mezzo a noi.
 
Papa Francesco è più che mai aperto al confronto, al dialogo, operando in una realtà che vive etsi Deus non daretur. E lo fa con il suo stile proprio, figlio di una cultura distante dal consueto, fin qui, modello europeo della Chiesa e a costo di suscitare qualche incomprensione. Uno stile che però  raggiunge il cuore degli uomini di questo tempo. L’ateismo non è più soltanto il problema di pochi: esso investe un numero sempre maggiore di uomini, tanto da diventare un fenomeno di civiltà. Per non dimenticare il fenomeno crescente dei battezzati non praticanti. E Francesco insiste nel richiamare la misericordia di Dio, nel senso etimologico del termine di aprire il cuore alla “miseria” altrui. E nell’ascoltare le ragioni dell’altro, che non crede ma che cerca. Perché avere fede non significa aderire ad una dottrina o peggio ad una ideologia da difendere. E neppure quella di trovare sostegno in un'etica o peggio un moralismo.

E allora, ricominciare, per essere testimoni credibili di una vita vissuta veluti si Deus daretur, magari con la bella preghiera di colletta di questa domenica ormai prossima:

Padre di eterna gloria, che nel tuo unico Figlio ci hai scelti e amati prima della creazione del mondo e in lui, sapienza incarnata, sei venuto a piantare in mezzo a noi la tua tenda, illuminaci con il tuo Spirito, perché accogliendo il mistero del tuo amore, pregustiamo la gioia che ci attende, come figli ed eredi del regno”.

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