Nell’odierno breviario sul Sole 24 Ore, il card. Gianfranco Ravasi descrive così il tempo che viviamo: “L’indifferenza è la malattia del nostro tempo, la superficialità ne è l’antidolorofico, l’insensibilità l’esito finale”.
Eppure le espressioni augurali infarcite di "buone feste" e "buon Natale" si sprecano. Mentre la festa si avvicina è il caso di chiedersi: quale festa? Siamo prossimi al Natale. Ma quale Natale? Chi è per ciascuno di noi il protagonista?
Eppure le espressioni augurali infarcite di "buone feste" e "buon Natale" si sprecano. Mentre la festa si avvicina è il caso di chiedersi: quale festa? Siamo prossimi al Natale. Ma quale Natale? Chi è per ciascuno di noi il protagonista?
Mons. Bruno Forte, sempre sul Sole di oggi, spiega: “Protagonisti di questo incontro siamo noi, col nostro cuore inquieto, e il Dio che non ha esitato a farsi uomo per farci sentire il Suo amore appassionato, la Sua prossimità alle fatiche nella nostra condizione mortale e all’audacia dell’amore, che accetta di giocarsi sull’eterno nella fragilità del tempo. E’ in questo rischio che sta la bellezza della fede: ed è solo accettando di correrlo che si può anche sperimentare lo spalancarsi dell’abisso divini, l’abbraccio benedicente che risponde alla nostra invocazione e alla resa della nostra ricerca”.
Ecco un senso, l’unico, a dire e a dirsi: Buon Natale.
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