venerdì 25 ottobre 2013

"La sindrome di Giona"

Nella meditazione mattutina a Santa Marta del 14 ottobre, papa Francesco, commentando le letture della liturgia tratte dalla lettera di san Paolo ai Romani (1, 1-7) e dal Vangelo di Luca (11, 29-32), ha richiamato la “ sindrome di Giona”, quella che “ci porta all’ipocrisia, a quella sufficienza che crediamo di raggiungere perché siamo cristiani puliti, perfetti, perché compiamo queste opere osserviamo i comandamenti, tutto. Una grossa malattia, la sindrome di Giona!”. 

Il Santo Padre ha ricordato che il Signore "davanti a questa generazione, malata della sindrome di Giona, promette il segno di Giona", che altro non è che "« il suo perdono tramite la sua morte e la sua risurrezione. Il segno che Gesù promette è la sua misericordia, quella che già chiedeva Dio da tempo: misericordia voglio e non sacrifici". 

Il Pontefice ha ammonito dunque che "il vero segno di Giona è quello che ci dà la fiducia di essere salvati dal sangue di Cristo. Ci sono tanti cristiani che pensano di essere salvati solo per quello che fanno, per le loro opere. Le opere sono necessarie ma sono una conseguenza, una risposta a quell’amore misericordioso che ci salva".

domenica 13 ottobre 2013

Servizio e non "servidumbre"

“La vocazione e la missione della donna nel nostro tempo” è stato il tema di un seminario promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici in occasione del 25° anniversario della Lettera apostolica Mulieris dignitatem.

 Incontrandone ieri i partecipanti nella Sala Clementina, papa Francesco ha ricordato innanzitutto la peculiarità della Mulieris dignitatem dal punto di vista storico, in quanto primo documento del Magistero pontificio dedicato interamente al tema della donna. E poiché il seminario ha approfondito il n. 30 della Lettera in cui si dice dell’affidamento da parte di Dio dell’essere umano alla donna, il Pontefice ha richiamato il concetto di maternità, spiegando: “Tante cose possono cambiare e sono cambiate nell’evoluzione culturale e sociale, ma rimane il fatto che è la donna che concepisce, porta in grembo e partorisce i figli degli uomini. E questo non è semplicemente un dato biologico, ma comporta una ricchezza di implicazioni sia per la donna stessa, per il suo modo di essere, sia per le sue relazioni, per il modo di porsi rispetto alla vita umana e alla vita in genere. Chiamando la donna alla maternità, Dio le ha affidato in una maniera del tutto speciale l’essere umano”. 

Il Papa però ha ammonito circa il pericolo “di ridurre la maternità ad un ruolo sociale, ad un compito, anche se nobile, ma che di fatto mette in disparte la donna con le sue potenzialità, non la valorizza pienamente nella costruzione della comunità. Questo sia in ambito civile, sia in ambito ecclesiale”. E ha messo in guardia dal pericolo opposto “quello di promuovere una specie di emancipazione che, per occupare gli spazi sottratti dal maschile, abbandona il femminile con i tratti preziosi che lo caratterizzano”. 

Il Santo Padre, sul ruolo della donna nella Chiesa, ha poi detto: “Io soffro - dico la verità - quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni ecclesiali che il ruolo di servizio – che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere – che il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servidumbre[tr. servitù]. Non so se si dice così in italiano. Mi capite? Servizio. Quando io vedo donne che fanno cose di servidumbre, è che non si capisce bene quello che deve fare una donna”.

martedì 8 ottobre 2013

"Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione"

E' il tema dell'Assemblea generale straordinaria del sinodo dei Vescovi, che, indetta da Papa Francesco, si svolgerà dal 5 al 19 ottobre 2014.

Il Codice di diritto canonico stabilisce che “Il sinodo dei Vescovi è un'assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell'orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con i loro consigli al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l'attività della Chiesa nel mondo” (can. 342). 

E ancora “Il sinodo dei Vescovi può riunirsi in assemblea generale, in cui cioè vengono trattati argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale: tale assemblea è ordinaria o straordinaria; oppure può anche riunirsi in assemblea speciale, in cui cioè vengono trattate questioni che riguardano direttamente una o più regioni determinate” (can. 345).

In passato si sono avute solo due assemblee straordinarie come appunto quella del prossimo anno: nel 1969 sui rapporti tra Santa Sede e Conferenze Episcopali e nel 1985 per il 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II. 

 Il sinodo dei Vescovi, riunito in assemblea generale straordinaria per trattare affari che richiedono una soluzione sollecita, è composto di membri, la maggioranza dei quali Vescovi, deputati dal diritto peculiare del sinodo in ragione dell'ufficio svolto; altri poi nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali eletti a norma del medesimo diritto (can. 346 § 2).

sabato 5 ottobre 2013

Echi di una visita itinerante

Quella del Pontefice di ieri ad Assisi è stata una visita particolare per le modalità del suo svolgimento, che ha visto tante tappe concentrate in un solo giorno. 

Come si sa, la città serafica dal beato Giovanni XXIII in poi (senza contare gli altri precedenti storici) ha, per così dire, una consuetudine con le visite papali. Ma certamente, quest’ultima ad opera del Papa, che per la prima volta nella storia della Chiesa si è dato il nome del poverello di Assisi, si distingue per il carattere dell’itineranza. 

Francesco ieri ha infatti toccato tutti i luoghi francescani in ed intorno ad Assisi. Oltre alle due mete tradizionali di S. Francesco  e della Porziuncola,  il Papa, infatti, è stato al Santuario di S. Damiano, all’Eremo delle Carceri, alla Basilica di S. Chiara  e al Sacro Tugurio di Rivotorto. Ma il Santo Padre non ha omesso di rendere visita alla Cattedrale di S. Rufino,  dopo essere stato, per la prima volta di un Papa in 800 anni, nella Sala della Spoliazione in Vescovado e nella antica S. Maria Maggiore. 

Il filo conduttore di questa visita è rappresentato più che mai dai poveri, con i quali il Papa si è intrattenuto anche a pranzo nella mensa della locale Caritas. Senza dimenticare che la sua visita è iniziata proprio dai disabili pluriminorati dell’Istituto Serafico
E,  rivolgendosi ai poveri, Francesco ha ricordato: “Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero! Qualcuno dirà: "Ma di che cosa deve spogliarsi la Chiesa?". Deve spogliarsi oggi di un pericolo gravissimo, che minaccia ogni persona nella Chiesa, tutti: il pericolo della mondanità. Il cristiano non può convivere con lo spirito del mondo. La mondanità che ci porta alla vanità, alla prepotenza, all’orgoglio. E questo è un idolo, non è Dio. E’ un idolo! E l’idolatria è il peccato più forte!” 

Mentre all'omelia della Messa celebrata sulla piazza inferiore della Basilica di S. Francesco,  ha precisato:“La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore.” 

Nell'incontro riservato alla Diocesi di Assisi-Nocera U.-Gualdo T., ha richiamato le coordinate pastorali della nostra Chiesa particolare dopo la conclusa visita pastorale e alla vigilia della celebrazione del Sinodo diocesano: “La Chiesa non cresce per proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione, l’attrazione della testimonianza che ognuno di noi da al Popolo di Dio…diventare tutti più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchi delle sue Parole. Penso al sacerdote, che ha il compito di predicare. Come può predicare se prima non ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato, nel silenzio, la Parola di Dio? Via queste omelie interminabili, noiose, delle quali non si capisce niente…Quando io penso a questi parroci che conoscevano il nome delle persone della parrocchia, che andavano a trovarli; anche come uno mi diceva: “Io conosco il nome del cane di ogni famiglia”, anche il nome del cane, conoscevano! Che bello che era! Che cosa c’è di più bello? Lo ripeto spesso: camminare con il nostro popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita perché nessuno rimanga troppo, troppo indietro, per tenerla unita, e anche per un’altra ragione: perché il popolo ha “fiuto”! Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, ha il “sensus fidei”, che dicono i teologi…annunciare fino alle periferie…Ma si può andare alle periferie solo se si porta la Parola di Dio nel cuore e si cammina con la Chiesa, come san Francesco. Altrimenti portiamo noi stessi, non la Parola di Dio, e questo non è buono, non serve a nessuno! Non siamo noi che salviamo il mondo: è proprio il Signore che lo salva!”. 

Alle monache di clausura di Santa Chiara, il Papa  ha evocato il carattere della contemplazione nel mondo di oggi:  “Le suore di clausura sono chiamate ad avere grande umanità, un’umanità come quella della Madre Chiesa; umane, capire tutte le cose della vita, essere persone che sanno capire i problemi umani, che sanno perdonare, che sanno chiedere al Signore per le persone. La vostra umanità. E la vostra umanità viene per questa strada, l’Incarnazione del Verbo, la strada di Gesù Cristo. E qual è il segno di una suora così umana? La gioia, la gioia, quando c’è gioia! A me da tristezza quando trovo suore che non sono gioiose. Forse sorridono, mah, con il sorriso di un’assistente di volo. Ma non con il sorriso della gioia, di quella che viene da dentro. Sempre con Gesù Cristo. Oggi nella Messa, parlando del Crocifisso, dicevo che Francesco lo aveva contemplato con gli occhi aperti, con le ferite aperte, con il sangue che veniva giù. E questa è la vostra contemplazione: la realtà. La realtà di Gesù Cristo. Non idee astratte, non idee astratte, perché seccano la testa. La contemplazione delle piaghe di Gesù Cristo! E le ha portate in Cielo, e le ha! E’ la strada dell’umanità di Gesù Cristo: sempre con Gesù, Dio-uomo. E per questo è tanto bello quando la gente va al parlatorio dei monasteri e chiedono preghiere e dicono i loro problemi.”

Nell'incontro con le migliaia di giovani umbri sulla piazza della Porziuncola il Pontefice si è soffermato, rispondendo a precise domande rivoltegli  sull'importanza dell'evangelizzazione con la testimonianza della propria vita di fede: “Non avere paura di fare passi definitivi, come quello del matrimonio: approfondite il vostro amore, rispettandone i tempi e le espressioni, pregate, preparatevi bene, ma poi abbiate fiducia che il Signore non vi lascia soli! Fatelo entrare nella vostra casa come uno di famiglia, Lui vi sosterrà sempre…ma c’è un’altra vocazione complementare al matrimonio: la chiamata al celibato e alla verginità per il Regno dei cieli. E’ la vocazione che Gesù stesso ha vissuto. Come riconoscerla? Come seguirla? E’ la terza domanda che mi avete fatto. Ma qualcuno di voi può pensare: ma questo vescovo, che bravo! Abbiamo fatto la domanda e ha le risposte tutte pronte, scritte! Io ho ricevuto le domande alcuni giorni fa. Per questo le conosco. E vi rispondo con due elementi essenziali su come riconoscere questa vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. Pregare e camminare nella Chiesa. Queste due cose vanno insieme, sono intrecciate. All’origine di ogni vocazione alla vita consacrata c’è sempre un’esperienza forte di Dio, un’esperienza che non si dimentica, la si ricorda per tutta la vita! E’ quella che ha avuto Francesco. E questo noi non lo possiamo calcolare o programmare. Dio ci sorprende sempre! E’ Dio che chiama; però è importante avere un rapporto quotidiano con Lui, ascoltarlo in silenzio davanti al Tabernacolo e nell’intimo di noi stessi, parlargli, accostarsi ai Sacramenti. Avere questo rapporto familiare con il Signore è come tenere aperta la finestra della nostra vita perché Lui ci faccia sentire la sua voce, che cosa vuole da noi...il Vangelo, questo messaggio di salvezza, ha due destinazioni che sono legate: la prima, suscitare la fede, e questa è l’evangelizzazione; la seconda, trasformare il mondo secondo il disegno di Dio, e questa è l’animazione cristiana della società. Ma non sono due cose separate, sono un’unica missione: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita trasforma il mondo! Questa è la via: portare il Vangelo con la testimonianza della nostra vita. Guardiamo Francesco: lui ha fatto tutt’e due queste cose, con la forza dell’unico Vangelo. Francesco ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa; e nello stesso tempo ha rinnovato la società, l’ha resa più fraterna, ma sempre col Vangelo, con la testimonianza. Sapete che cosa ha detto Francesco una volta ai suoi fratelli? “Predicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole!”. Ma, come? Si può predicare il Vangelo senza le parole? Sì! Con la testimonianza! Prima la testimonianza, dopo le parole! Ma la testimonianza".