sabato 31 marzo 2018

“La vergogna di aver perso la vergogna”

Il Santo Padre Francesco ci ha abituati alle sue preghiere e ancora una volta ci ha toccati nel profondo del cuore con quella  pronunciata ieri sera a conclusione della Via Crucis al Colosseo. Preghiera imperniata su tre passaggi, nodali per la vita di un cristiano oggi: “vergogna, pentimento, speranza”. 

Personalmente mi è risuonata l’esclamazione “la vergogna di aver perso la vergogna”. Una cifra, questa, che purtroppo caratterizza il nostro tempo, dove è lecito tutto ciò che è possibile, nel chiuso dell’individualismo che non conosce confini. E’ una corsa sfrenata di tanti, anche di ministri sacri, che “si sono lasciati ingannare dall’ambizione e dalla vana gloria perdendo la loro degnità e il loro primo amore”. E, in particolare, vergogna per noi – della mia generazione – che lasciamo “ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati”. 

Il Pontefice, però, volge questo atteggiamento in positivo, ammonendoci a richiedere al Signore Gesù “la grazia della santa vergogna!”. Solo così il nostro cuore, supplicando la misericordia divina, si può dischiudere al pentimento, “che germoglia dalla certezza che solo tu puoi salvarci dal male, solo tu puoi guarirci dalla nostra lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria, solo tu puoi riabbracciarci ridonandoci la dignità filiale e gioire per il nostro rientro a casa, alla vita; il pentimento che sboccia dal sentire la nostra piccolezza, il nostro nulla, la nostra vanità e che si lascia accarezzare dal tuo invito soave e potente alla conversione”.

Ecco il portato della speranza cristiana, nel segno che “solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro”. E in ciò la Chiesa “santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia il tuo amore illimitato per l’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di certezza e di verità”. 

Papa Francesco ha, quindi , invocato la “grazia della santa speranza!”, aggiungendo: “Aiutaci, Figlio dell’uomo, a spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe. Ti chiediamo invece, Figlio di Dio, di immedesimarci col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso! Amen!” 
Santa Pasqua a tutti!

giovedì 15 febbraio 2018

Carità della "polis", carità "politica"!

Il Vescovo di Assisi-Nocera U.-Gualdo T. , mons. Domenico Sorrentino, nel Mercoledì delle Ceneri, ha inviato un messaggio alla propria Chiesa particolare dal titolo “Una quaresima viva attenta all’ora presente”. Quaresima che vede quest’anno l’Italia impegnata in una convulsa campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale. 

Al riguardo mons. Sorrentino precisa il ruolo della Chiesa: “Va ribadito che, come Pastori della Chiesa, non sponsorizziamo candidati e partiti. Non è nostro compito. Questo livello tocca alla responsabile valutazione dei singoli cristiani e delle loro aggregazioni. Abbiano più iniziativa, coraggio, coerenza!”. E tuttavia, il presule ricorda che alla Chiesa compete “la politica nel senso più alto del termine, che precede e va oltre i partiti. E la politica che si fa impegnandosi per il bene comune, facendosi carico della vita di tutti, specialmente dei membri più deboli della società. E la politica che il magistero qualifica "alta forma di carità". 

Ecco allora che il tempo della Quaresima “tempo speciale di preghiera e digiuno”, diventa veicolo, attraverso la carità, per “uscire dal nostro "particolare", per aprirci alle necessità degli altri” e “dare il nostro contributo alla costruzione della "polis", la città degli uomini. Sì, c'è una carità della "polis", una carità "politica"! Per questo, il presule assisiate raccomanda l’impegno dei cristiani verso il prossimo appuntamento elettorale, partecipandovi, mentre è doveroso per la Chiesa “offrire criteri di discernimento, educare alla buona coscienza, e ricordare, a se stessa e a tutti, i principi che non muoiono. E non fanno morire”. 

Il tutto tenendo presente la Carta costituzionale, ma soprattutto “la prima tavola dei valori, sempre attuale, insostituibile, fondativa: quella dei comandamenti, le "dieci parole" che, venendo da Dio, tracciano le vie della speranza e del futuro. "Dieci parole" che risuonano nella coscienza universale — persino al di là delle convinzioni di fede — ed hanno riflessi sociali, sui quali non possiamo sorvolare”. E’ con queste premesse, perciò, che va affrontato l’impegno per il bene comune, cercando le giuste soluzioni per i problemi che attanagliano il nostro Paese, a partire dal lavoro e dalla crisi occupazionale, dal rispetto della vita fin dal concepimento, dallo smarrimento della famiglia, “al punto da non sentire più la bellezza di un amore fra un uomo e una donna che duri una vita e generi vita”. Senza tralasciare gli immigrati, gli anziani, i malati. E ancora il tema della pace e i giovani, per finire al tema dell’ambiente al grido della Laudato si ' di papa Francesco.

mercoledì 31 gennaio 2018

Il ministero della pace delle coscienze

Nel suo discorso tenuto in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana il 29 gennaio scorso, Papa Francesco ha toccato il tema della centralità della coscienza nell’esercizio dell’attività giudiziale. Il Pontefice ha qualificato tale servizio nella Chiesa “come ministero della pace delle coscienze”.

Entrando nel merito della “dichiarazione di nullità o validità del vincolo matrimoniale”, vista la stretta connessione tra l’ambito della coscienza e quello dei processi matrimoniali, il Santo Padre ha ricordato la condizione dei giudici “come esperti della coscienza dei fedeli cristiani”, aggiungendo: “ In questo ruolo, siete chiamati ad invocare incessantemente l’assistenza divina per espletare con umiltà e misura il grave compito affidatovi dalla Chiesa, manifestando così la connessione tra la certezza morale, che il giudice deve raggiungere ex actis et probatis, e l’ambito della sua coscienza, noto unicamente allo Spirito Santo e da Lui assistito. Grazie alla luce dello Spirito vi è dato, infatti, di entrare nell’ambito sacro della coscienza dei fedeli”.

Del resto, l’ambito della coscienza è stato richiamato negli ultimi due Sinodi dei Vescovi, trovando puntuale recezione nell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia. Al riguardo Francesco ha spiegato: " Ciò è derivato dalla consapevolezza che il Successore di Pietro e i Padri sinodali hanno maturato circa l’impellente necessità di ascolto, da parte dei Pastori della Chiesa, delle istanze e delle attese di quei fedeli i quali hanno reso la propria coscienza muta e assente per lunghi anni e, in seguito, sono stati aiutati da Dio e dalla vita a ritrovare un po’ di luce, rivolgendosi alla Chiesa per avere la pace della loro coscienza”. 

Ma non solo, evocando lo spirito pedagogico che deve animare la pastorale matrimoniale e familiare, volta a prevenire la patologia del vissuto coniugale, il Santo Padre ha ricordato la necessità da parte degli operatori, ministri e fedeli battezzati, di “aiutare i fidanzati a costruire e custodire l’intimo santuario della loro coscienza cristiana” per cui “nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, sono stati indicati percorsi pastorali per aiutare i fidanzati ad entrare senza paure nel discernimento e nella scelta conseguente del futuro stato di vita coniugale e familiare, descrivendo nei primi cinque capitoli la straordinaria ricchezza del patto coniugale disegnato da Dio nelle Scritture e vissuto dalla Chiesa nel corso della storia”.

D’altra parte, “È quanto mai necessaria una continua esperienza di fede, speranza e carità, perché i giovani tornino a decidere, con coscienza sicura e serena, che l’unione coniugale aperta al dono dei figli è letizia grande per Dio, per la Chiesa, per l’umanità. Il cammino sinodale di riflessione sul matrimonio e la famiglia, e la successiva Esortazione apostolica Amoris laetitia, hanno avuto un percorso e uno scopo obbligati: come salvare i giovani dal frastuono e rumore assordante dell’effimero, che li porta a rinunciare ad assumere impegni stabili e positivi per il bene individuale e collettivo. Un condizionamento che mette a tacere la voce della loro libertà, di quell’intima cella – la coscienza appunto – che Dio solo illumina e apre alla vita, se gli si permette di entrare”. 

In questo senso il Pontefice raccomanda “un catecumenato matrimoniale, inteso come itinerario indispensabile dei giovani e delle coppie destinato a far rivivere la loro coscienza cristiana, sostenuta dalla grazia dei due sacramenti, battesimo e matrimonio”. Un impegno indefesso, quindi, attende vescovi e presbiteri per “illuminare, difendere e sostenere la coscienza cristiana della nostra gente”. E ancora da ciò deriva “il necessario rapporto tra la regula fidei, cioè la fedeltà della Chiesa al magistero intoccabile sul matrimonio, così come sull’Eucaristia, e l’urgente attenzione della Chiesa stessa ai processi psicologici e religiosi di tutte le persone chiamate alla scelta matrimoniale e familiare”. 

In conclusione, Papa Francesco, dopo aver citato il beato Paolo VI  che esortava alla "fedeltà assoluta per salvaguardare la “regula fidei”, evitando gli "opposti estremismi",  ha ammonito affinché   l’esercizio della giustizia non "venga ridotto a un mero espletamento burocratico”, tradendo così la coscienza cristiana: “Ecco perché, nella procedura del processus brevior, ho stabilito non solo che sia reso più evidente il ruolo di vigilanza del Vescovo diocesano, ma anche che egli stesso, giudice nativo nella Chiesa affidatagli, giudichi in prima istanza i possibili casi di nullità matrimoniale. Dobbiamo impedire che la coscienza dei fedeli in difficoltà per quanto riguarda il loro matrimonio si chiuda ad un cammino di Grazia. Questo scopo si raggiunge con un accompagnamento pastorale, con il discernimento delle coscienze (cfr Esort. ap. Amoris laetitia, 242) e con l’opera dei nostri tribunali. Tale opera deve svolgersi nella sapienza e nella ricerca della verità: solo così la dichiarazione di nullità produce una liberazione delle coscienze”.