Nel recente viaggio apostolico nella “sua” Germania, Benedetto XVI ha lasciato altri semi del proprio magistero. In particolare ha avuto eco il discorso che il Pontefice il 22 settembre ha tenuto a Berlino, al Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Ancora una volta più che di un discorso si è trattato di una lezione con lo stile di Papa Ratzinger, che, lasciando per un attimo la teologia, si è addentrato nella filosofia del diritto, dissertando con intensità e umanità allo stesso tempo su contenuti complessi nei dettagli ma semplici nel messaggio. Per dirla in breve alla portata di tutte le menti di buona volontà. Come giustamente è stato ricordato dopo Rastisbona nel 2006 e dopo Parigi nel 2008, la terza grande lezione di questo pontificato.
Visti i tristi e squallidi giorni in cui si dibatte la politica di casa nostra, non è male, per esempio, ripartire dai fondamenti illustrati in questo discorso, per riscoprire il rapporto tra politica e diritto e soprattutto i compiti rispettivamente della politica e del politico.
Il Papa, prima di ogni altra considerazione, ha richiamato il racconto, tratto dal Primo Libro dei Re, del giovane re Salomone in occasione della sua intronizzazione, al quale Dio concesse di avanzare una richiesta: “ Che cosa chiederà il giovane sovrano in questo momento? Successo, ricchezza, una lunga vita, l’eliminazione dei nemici? Nulla di tutto questo egli chiede. Domanda invece: “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1Re 3,9). Con questo racconto la Bibbia vuole indicarci che cosa, in definitiva, deve essere importante per un politico. Il suo criterio ultimo e la motivazione per il suo lavoro come politico non deve essere il successo e tanto meno il profitto materiale. La politica deve essere un impegno per la giustizia e creare così le condizioni di fondo per la pace. Naturalmente un politico cercherà il successo senza il quale non potrebbe mai avere la possibilità dell’azione politica effettiva. Ma il successo è subordinato al criterio della giustizia, alla volontà di attuare il diritto e all’intelligenza del diritto. Il successo può essere anche una seduzione e così può aprire la strada alla contraffazione del diritto, alla distruzione della giustizia. “Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino. Noi tedeschi sappiamo per nostra esperienza che queste parole non sono un vuoto spauracchio. Noi abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata, che poteva minacciare il mondo intero e spingerlo sull’orlo del precipizio. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico”.
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