Ieri papa Francesco, proclamando beato Paolo VI
, ha delineato la statura di quel Pontefice che seppe offrire una “umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa”.
E non può sfuggire ad occhi attenti anche la voluta coincidenza tra questa beatificazione e il Sinodo straordinario sulla famiglia. Sinodo, che come evento partecipato di comunione ecclesiale fu istituito proprio da papa Montini nel 1965 con un preciso fine: “Scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie e i metodi alle accresciute necessità dei nostri giorni e alle mutate condizioni della società” (cfr. Lett. ap. Motu proprio Apostolica sollicitudo).
All’omelia della Messa, celebrata davanti a circa settanta mila fedeli, oltre che insieme ai padri sinodali e al papa emerito Benedetto XVI (creato cardinale proprio da Paolo VI nel 1977), papa Bergoglio ha offerto un ulteriore affresco della personalità del neo beato, definito il grande timoniere del Concilio, citandone le parole: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva» (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Brescia 2001, pp. 120-121).
Francesco ha evidenziato, quindi l'umiltà di papa Montini, nella quale : “risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore”.
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