Dalle 20 del 28 febbraio scorso la Sede romana è vacante per la rinuncia di Benedetto XVI. In attesa del Conclave che eleggerà il nuovo Pontefice, si susseguono ( e chissà per quanto) le interpretazioni sul perché della decisione di Papa Ratzinger.
Il modo migliore di serbare tale presa di posizione è di accoglierla nei termini spiegati dallo stesso Papa in tutte le occasioni ufficiali. dall'annuncio della storica dichiarazione di rinuncia. Soprattutto è opportuno fermarsi alla descrizione della modalità con cui è stata assunta, in obbedienza alla voce di Dio presente alla coscienza di ogni persona. Il Papa ha risposto rinunciando al suo ministero di servizio alla Chiesa universale, in quanto Vescovo di Roma, dopo aver pregato, chiesto la luce divina e giudicato che la scelta avveniva per amore e per il bene della stessa Chiesa e non di sé stesso.
Metodo impregnato di tanta pedagogia della fede, della speranza e della carità. Pedagogia che è stata il filo conduttore della pastorale di questo Pontefice ravvisabile oltre che nei documenti solenni, nelle omelie, nei suoi discorsi, nelle udienze generali. Un Papa teologo si ma catechista, munito cioè della capacità di interpretare la teologia con la vita e la propria esperienza di Pastore.
Un Papa, quindi, il quale col suo ultimo gesto epocale non "scende dalla Croce" che non abbandona (del che èimproprio parlare di dimissioni), che non ritorna alla vita privata, ma rimane seppure "nascosto al mondo" in altro modo al servizio di Cristo e della Chiesa. Vi resta da "pellegrino" orante nel "recinto di S. Pietro".
Decisamente una scelta diversa da quella dei Papi rinunciatari del lontano passato. Una scelta che proprio per questo mantiene i segni del papato quali l'abito bianco, ma senza la mantellina della giurisdizione; l'appellativo di Santità seguito dal nome da Pontefice; l'alloggio in Vaticano, ma fuori dal palazzo papale. Sempre Papa "nella vigna del Signore", ma emerito perché ormai privo della necessaria potestà.
Il modo migliore di serbare tale presa di posizione è di accoglierla nei termini spiegati dallo stesso Papa in tutte le occasioni ufficiali. dall'annuncio della storica dichiarazione di rinuncia. Soprattutto è opportuno fermarsi alla descrizione della modalità con cui è stata assunta, in obbedienza alla voce di Dio presente alla coscienza di ogni persona. Il Papa ha risposto rinunciando al suo ministero di servizio alla Chiesa universale, in quanto Vescovo di Roma, dopo aver pregato, chiesto la luce divina e giudicato che la scelta avveniva per amore e per il bene della stessa Chiesa e non di sé stesso.
Metodo impregnato di tanta pedagogia della fede, della speranza e della carità. Pedagogia che è stata il filo conduttore della pastorale di questo Pontefice ravvisabile oltre che nei documenti solenni, nelle omelie, nei suoi discorsi, nelle udienze generali. Un Papa teologo si ma catechista, munito cioè della capacità di interpretare la teologia con la vita e la propria esperienza di Pastore.
Un Papa, quindi, il quale col suo ultimo gesto epocale non "scende dalla Croce" che non abbandona (del che èimproprio parlare di dimissioni), che non ritorna alla vita privata, ma rimane seppure "nascosto al mondo" in altro modo al servizio di Cristo e della Chiesa. Vi resta da "pellegrino" orante nel "recinto di S. Pietro".
Decisamente una scelta diversa da quella dei Papi rinunciatari del lontano passato. Una scelta che proprio per questo mantiene i segni del papato quali l'abito bianco, ma senza la mantellina della giurisdizione; l'appellativo di Santità seguito dal nome da Pontefice; l'alloggio in Vaticano, ma fuori dal palazzo papale. Sempre Papa "nella vigna del Signore", ma emerito perché ormai privo della necessaria potestà.
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