domenica 8 giugno 2014

Nella vita non accontentarsi di un “pareggio” mediocre

Piazza S. Pietro e via della Conciliazione ieri sono diventati come uno stadio immenso, anzi un vero villaggio dello sport con campi di calcio a 5, da basket e volley, animati da decine di migliaia di persone, in particolare giovani,provenienti da tutta Italia in occasione della celebrazione del 70° anniversario del Centro Sportivo Italiano

Evento che ha visto il suo culmine nel pomeriggio con l’incontro con Papa Francesco, il quale, dopo avere assistito ad alcune esibizioni sportive, ha rivolto un intenso discorso  per sottolineare la dedizione del Csi nel promuovere lo sport come esperienza educativa. 

Nell’evidenziare, quindi, l’intrinseca dimensione educativa, con la scuola, dello sport, il Papa ha evocato l’importanza del lavoro per affrancare i giovani dalle dipendenze della droga o dell’alcol. 

Ma quale sport? Qui Francesco è stato chiaro e diretto: “E’ importante, cari ragazzi, che lo sport rimanga un gioco! Solo se rimane un gioco fa bene al corpo e allo spirito. E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi di queste vite tiepide, vite “mediocremente pareggiate”: no, no! Andare avanti, cercando la vittoria sempre!”. 

E per fare questo, occorre anche dell’altro: “Vi auguro anche di sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra, che è molto importante per la vita. No all’individualismo! No a fare il gioco per se stessi. Nella mia terra, quando un giocatore fa questo, gli diciamo: “Ma questo vuole mangiarsi il pallone per se stesso!”. No, questo è individualismo: non mangiatevi il pallone, fate gioco di squadra, di équipe. Appartenere a una società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento, è l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità”. 

Sono particolarmente grato per queste parole, che rappresentano un richiamo sempre attuale per la mia esperienza da dirigente, vissuta per circa 20 anni della mia giovinezza nel Csi a Messina .

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