Con questa espressione si indica nel calendario liturgico della Chiesa cattolica e in quelli di molte altre chiese di tradizione latina, questa quarta domenica di Quaresima, in prossimità ormai della Pasqua, del giorno per antonomasia della gioia. Laetáre, Ierúsalem (rallegrati, Gerusalemme) è l’ incipit dell’Antifona d’ingresso della Messa odierna.
Ma quale gioia? L’interrogativo non è retorico, anche per chi si dice cristiano, magari portato alla tristezza, alla noia, alla depressione, alla mancanza di speranza e fiducia. Tutto frutto di un (ben)essere, volto alla “felicità”, al consumo, alla chiusura.
La nostra condizione ci viene descritta da Francesco nell’ Evangelii Gaudium, al n. 2:
“Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto”. No la gioia cristiana è altro, perché nasce da un vero incontro con la persona del Cristo.Allora “gioia” è la misericordia di Dio. Tema questo che, ci viene riproposto in modo solenne da Papa Francesco proprio in questi giorni e non solo. Sempre nell’Evangelii Gaudium il Pontefice inizia così: “ La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”.
Quanti motivi, dunque, dovremmo avere proprio noi cristiani per vivere la gioia: della salvezza eterna e della risurrezione finale; della fede e dunque della luce che Cristo è venuto a portare al mondo. Eppure, nonostante ciò, la gioia non abita spesso nel mio cuore, celebrando la Pasqua solo esteriormente, senza la conversione del rinnovamento della mente, del cuore e della vita.
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