sabato 31 marzo 2018

“La vergogna di aver perso la vergogna”

Il Santo Padre Francesco ci ha abituati alle sue preghiere e ancora una volta ci ha toccati nel profondo del cuore con quella  pronunciata ieri sera a conclusione della Via Crucis al Colosseo. Preghiera imperniata su tre passaggi, nodali per la vita di un cristiano oggi: “vergogna, pentimento, speranza”. 

Personalmente mi è risuonata l’esclamazione “la vergogna di aver perso la vergogna”. Una cifra, questa, che purtroppo caratterizza il nostro tempo, dove è lecito tutto ciò che è possibile, nel chiuso dell’individualismo che non conosce confini. E’ una corsa sfrenata di tanti, anche di ministri sacri, che “si sono lasciati ingannare dall’ambizione e dalla vana gloria perdendo la loro degnità e il loro primo amore”. E, in particolare, vergogna per noi – della mia generazione – che lasciamo “ai giovani un mondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati”. 

Il Pontefice, però, volge questo atteggiamento in positivo, ammonendoci a richiedere al Signore Gesù “la grazia della santa vergogna!”. Solo così il nostro cuore, supplicando la misericordia divina, si può dischiudere al pentimento, “che germoglia dalla certezza che solo tu puoi salvarci dal male, solo tu puoi guarirci dalla nostra lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria, solo tu puoi riabbracciarci ridonandoci la dignità filiale e gioire per il nostro rientro a casa, alla vita; il pentimento che sboccia dal sentire la nostra piccolezza, il nostro nulla, la nostra vanità e che si lascia accarezzare dal tuo invito soave e potente alla conversione”.

Ecco il portato della speranza cristiana, nel segno che “solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro”. E in ciò la Chiesa “santa e fatta da peccatori, continua, ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia il tuo amore illimitato per l’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di certezza e di verità”. 

Papa Francesco ha, quindi , invocato la “grazia della santa speranza!”, aggiungendo: “Aiutaci, Figlio dell’uomo, a spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe. Ti chiediamo invece, Figlio di Dio, di immedesimarci col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso! Amen!” 
Santa Pasqua a tutti!

giovedì 15 febbraio 2018

Carità della "polis", carità "politica"!

Il Vescovo di Assisi-Nocera U.-Gualdo T. , mons. Domenico Sorrentino, nel Mercoledì delle Ceneri, ha inviato un messaggio alla propria Chiesa particolare dal titolo “Una quaresima viva attenta all’ora presente”. Quaresima che vede quest’anno l’Italia impegnata in una convulsa campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento nazionale. 

Al riguardo mons. Sorrentino precisa il ruolo della Chiesa: “Va ribadito che, come Pastori della Chiesa, non sponsorizziamo candidati e partiti. Non è nostro compito. Questo livello tocca alla responsabile valutazione dei singoli cristiani e delle loro aggregazioni. Abbiano più iniziativa, coraggio, coerenza!”. E tuttavia, il presule ricorda che alla Chiesa compete “la politica nel senso più alto del termine, che precede e va oltre i partiti. E la politica che si fa impegnandosi per il bene comune, facendosi carico della vita di tutti, specialmente dei membri più deboli della società. E la politica che il magistero qualifica "alta forma di carità". 

Ecco allora che il tempo della Quaresima “tempo speciale di preghiera e digiuno”, diventa veicolo, attraverso la carità, per “uscire dal nostro "particolare", per aprirci alle necessità degli altri” e “dare il nostro contributo alla costruzione della "polis", la città degli uomini. Sì, c'è una carità della "polis", una carità "politica"! Per questo, il presule assisiate raccomanda l’impegno dei cristiani verso il prossimo appuntamento elettorale, partecipandovi, mentre è doveroso per la Chiesa “offrire criteri di discernimento, educare alla buona coscienza, e ricordare, a se stessa e a tutti, i principi che non muoiono. E non fanno morire”. 

Il tutto tenendo presente la Carta costituzionale, ma soprattutto “la prima tavola dei valori, sempre attuale, insostituibile, fondativa: quella dei comandamenti, le "dieci parole" che, venendo da Dio, tracciano le vie della speranza e del futuro. "Dieci parole" che risuonano nella coscienza universale — persino al di là delle convinzioni di fede — ed hanno riflessi sociali, sui quali non possiamo sorvolare”. E’ con queste premesse, perciò, che va affrontato l’impegno per il bene comune, cercando le giuste soluzioni per i problemi che attanagliano il nostro Paese, a partire dal lavoro e dalla crisi occupazionale, dal rispetto della vita fin dal concepimento, dallo smarrimento della famiglia, “al punto da non sentire più la bellezza di un amore fra un uomo e una donna che duri una vita e generi vita”. Senza tralasciare gli immigrati, gli anziani, i malati. E ancora il tema della pace e i giovani, per finire al tema dell’ambiente al grido della Laudato si ' di papa Francesco.

mercoledì 31 gennaio 2018

Il ministero della pace delle coscienze

Nel suo discorso tenuto in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana il 29 gennaio scorso, Papa Francesco ha toccato il tema della centralità della coscienza nell’esercizio dell’attività giudiziale. Il Pontefice ha qualificato tale servizio nella Chiesa “come ministero della pace delle coscienze”.

Entrando nel merito della “dichiarazione di nullità o validità del vincolo matrimoniale”, vista la stretta connessione tra l’ambito della coscienza e quello dei processi matrimoniali, il Santo Padre ha ricordato la condizione dei giudici “come esperti della coscienza dei fedeli cristiani”, aggiungendo: “ In questo ruolo, siete chiamati ad invocare incessantemente l’assistenza divina per espletare con umiltà e misura il grave compito affidatovi dalla Chiesa, manifestando così la connessione tra la certezza morale, che il giudice deve raggiungere ex actis et probatis, e l’ambito della sua coscienza, noto unicamente allo Spirito Santo e da Lui assistito. Grazie alla luce dello Spirito vi è dato, infatti, di entrare nell’ambito sacro della coscienza dei fedeli”.

Del resto, l’ambito della coscienza è stato richiamato negli ultimi due Sinodi dei Vescovi, trovando puntuale recezione nell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia. Al riguardo Francesco ha spiegato: " Ciò è derivato dalla consapevolezza che il Successore di Pietro e i Padri sinodali hanno maturato circa l’impellente necessità di ascolto, da parte dei Pastori della Chiesa, delle istanze e delle attese di quei fedeli i quali hanno reso la propria coscienza muta e assente per lunghi anni e, in seguito, sono stati aiutati da Dio e dalla vita a ritrovare un po’ di luce, rivolgendosi alla Chiesa per avere la pace della loro coscienza”. 

Ma non solo, evocando lo spirito pedagogico che deve animare la pastorale matrimoniale e familiare, volta a prevenire la patologia del vissuto coniugale, il Santo Padre ha ricordato la necessità da parte degli operatori, ministri e fedeli battezzati, di “aiutare i fidanzati a costruire e custodire l’intimo santuario della loro coscienza cristiana” per cui “nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, sono stati indicati percorsi pastorali per aiutare i fidanzati ad entrare senza paure nel discernimento e nella scelta conseguente del futuro stato di vita coniugale e familiare, descrivendo nei primi cinque capitoli la straordinaria ricchezza del patto coniugale disegnato da Dio nelle Scritture e vissuto dalla Chiesa nel corso della storia”.

D’altra parte, “È quanto mai necessaria una continua esperienza di fede, speranza e carità, perché i giovani tornino a decidere, con coscienza sicura e serena, che l’unione coniugale aperta al dono dei figli è letizia grande per Dio, per la Chiesa, per l’umanità. Il cammino sinodale di riflessione sul matrimonio e la famiglia, e la successiva Esortazione apostolica Amoris laetitia, hanno avuto un percorso e uno scopo obbligati: come salvare i giovani dal frastuono e rumore assordante dell’effimero, che li porta a rinunciare ad assumere impegni stabili e positivi per il bene individuale e collettivo. Un condizionamento che mette a tacere la voce della loro libertà, di quell’intima cella – la coscienza appunto – che Dio solo illumina e apre alla vita, se gli si permette di entrare”. 

In questo senso il Pontefice raccomanda “un catecumenato matrimoniale, inteso come itinerario indispensabile dei giovani e delle coppie destinato a far rivivere la loro coscienza cristiana, sostenuta dalla grazia dei due sacramenti, battesimo e matrimonio”. Un impegno indefesso, quindi, attende vescovi e presbiteri per “illuminare, difendere e sostenere la coscienza cristiana della nostra gente”. E ancora da ciò deriva “il necessario rapporto tra la regula fidei, cioè la fedeltà della Chiesa al magistero intoccabile sul matrimonio, così come sull’Eucaristia, e l’urgente attenzione della Chiesa stessa ai processi psicologici e religiosi di tutte le persone chiamate alla scelta matrimoniale e familiare”. 

In conclusione, Papa Francesco, dopo aver citato il beato Paolo VI  che esortava alla "fedeltà assoluta per salvaguardare la “regula fidei”, evitando gli "opposti estremismi",  ha ammonito affinché   l’esercizio della giustizia non "venga ridotto a un mero espletamento burocratico”, tradendo così la coscienza cristiana: “Ecco perché, nella procedura del processus brevior, ho stabilito non solo che sia reso più evidente il ruolo di vigilanza del Vescovo diocesano, ma anche che egli stesso, giudice nativo nella Chiesa affidatagli, giudichi in prima istanza i possibili casi di nullità matrimoniale. Dobbiamo impedire che la coscienza dei fedeli in difficoltà per quanto riguarda il loro matrimonio si chiuda ad un cammino di Grazia. Questo scopo si raggiunge con un accompagnamento pastorale, con il discernimento delle coscienze (cfr Esort. ap. Amoris laetitia, 242) e con l’opera dei nostri tribunali. Tale opera deve svolgersi nella sapienza e nella ricerca della verità: solo così la dichiarazione di nullità produce una liberazione delle coscienze”.

domenica 21 maggio 2017

Spogliazione: messaggio e profezia da Assisi

A conclusione di una settimana di preparazione con un programma denso di celebrazioni, conferenze ed eventi, sabato 20 maggio è stato inaugurato ufficialmente il Santuario della Spogliazione di Assisi , allocato nell'antica  chiesa di Santa Maria Maggiore, già cattedrale  e attigua al Vescovado. 

Il vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, che è l’artefice pastorale di questa importante iniziativa ecclesiale, destinata a restare nella storia della città serafica e non solo, ha presieduto la santa Messa. All’inizio della celebrazione sono stati letti il decreto di erezione del nuovo Santuario e parte della lettera che Papa Francesco ha inviato a mons. Sorrentino  e che porta la data significativa del 16 aprile 2017, giorno della Pasqua di Risurrezione. “…a duemila anni dall’annuncio del vangelo e dopo otto secoli dalla testimonianza di Francesco, siamo di fronte a un fenomeno di “inequità globale” e di “economia che uccide” (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 52-60). Proprio il giorno precedente il mio arrivo ad Assisi, nelle acque di Lampedusa, si era consumata una grande strage di migranti. Parlando, nel luogo della “spogliazione”, anche con la commozione determinata da quell’evento luttuoso, sentivo tutta la verità di ciò che aveva testimoniato il giovane Francesco: solo quando si avvicinò ai più poveri, al suo tempo rappresentati soprattutto dai malati di lebbra, esercitando verso di loro la misericordia, sperimentò «dolcezza di animo e di corpo» (Testamento, FF 110). Il nuovo Santuario assisano nasce come profezia di una società più giusta e solidale, mentre ricorda alla Chiesa il suo dovere di vivere, sulle orme di Francesco, spogliandosi della mondanità e rivestendosi dei valori del Vangelo… Se in tante regioni del mondo tradizionalmente cristiane si verifica un allontanamento dalla fede, e siamo pertanto chiamati a una nuova evangelizzazione, il segreto della nostra predicazione non sta tanto nella forza delle nostre parole, ma nel fascino della testimonianza, sostenuta dalla grazia”. E ancora Papa Francesco mette in luce il fondamento teologico “Cristo è il modello originario della “spogliazione”, come tu, caro fratello, hai voluto evidenziare, promulgando la tua lettera di istituzione del nuovo Santuario nella solennità del Natale”. 

Mons. Sorrentino nella sua omelia del 20 maggio ha ripreso questo aspetto, declinandolo sul piano ecclesiale: “Santuario della spogliazione. Santuario francescano? Senza dubbio. Quello che mancava ancora ad Assisi. Ma, ancor prima, santuario cristologico. È il mistero di Cristo che qui viene annunciato attraverso i gesti e le parole di Francesco…Il Santuario evoca innanzitutto la “spogliazione” di Cristo. In questo termine si può raccogliere quello che la Scrittura indica come “kénosi”, ossia come svuotamento (cf. Fil. 2, 7). Ed è questa la “missione specifica” del nuovo Santuario, così delineata dal Pontefice e che il Pastore della Chiesa che è in Assisi, Nocera U.-Gualdo T. ha condensato nella sua omelia: “…la missione di annunciare, sulle orme di Francesco di Assisi, il mistero della spogliazione di Cristo e la sfida che ne deriva per la nostra vita personale e sociale, per la nostra esistenza di credenti e per la Chiesa intera”.

Per la qualcosa, il Santuario della Spogliazione di Assisi, affidato alla sollecitudine della Provincia Serafica dei  Frati Minori Cappuccini , diventa – secondo l’intento e le parole di mons. Sorrentino _ “il luogo in cui ciascuno di noi viene a innamorarsi di Cristo, come Francesco, deponendo l’abito dell’egoismo, per rivestire quello di un’esistenza spesa nell’amore. Vorrei che qui arrivassero i potenti del mondo a deporre una volta per tutte gli arsenali nucleari, le mine anti-uomo, il commercio di armi che sono la vergogna di un’umanità che vive allegramente sull’orlo del baratro, sottraendo pane e dignità a milioni di esseri umani. Vorrei che qui venissero i mafiosi a deporre la loro prepotenza omicida che fa scorrere sangue e avvelena le fibre intime della società e dell’economia. Vorrei che qui venissero i burattinai della finanza internazionale a deporre i loro irresponsabili giochi che creano, nel mondo globalizzato, disoccupazione, povertà e disagi di una infinità di esseri umani “colpevoli” solo di essere nati poveri! Vorrei che tra queste mura, che trasudano le note del Cantico di Frate Sole, si fermasse quell’incredibile tirannia sull’ambiente che causa enormi e forse irreparabili danni che ancora una volta schiacciano le esistenze più deboli, le costringono ad emigrazioni violente e desertificano le fonti vitali dell’umanità. Vorrei che in questi ambienti che furono testimoni di un dramma di famiglia tutto giocato sul sì o sul no al dio–denaro venissero tanti parlamentari, uomini della scienza e dell’informazione, a interrogarsi sulla loro responsabilità di promuovere una legislazione e una cultura poste interamente a servizio della pace, della famiglia e della vita, e mai complici dell’assassinio di esseri umani nel grembo materno e nella loro fragilità dovuta all’età e alla condizione fisica”.

sabato 18 marzo 2017

La “lunga scuola” del confessionale

Papa Francesco, ieri nell’Aula Paolo VI in Vaticano, rivolgendosi con un Discorso ai partecipanti al XXVIII corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica si è soffermato sulla “formazione di buoni confessori”.
 
Il Santo Padre ha esordito dicendo: “questo della Penitenzieria è il tipo di Tribunale che mi piace davvero! Perché è un “tribunale della misericordia”, al quale ci si rivolge per ottenere quell’indispensabile medicina per la nostra anima che è la Misericordia divina!”.
 
A tal proposito si ricorda che la Penitenzieria Apostolica   ha competenze stabilite agli artt. 117-120 della Costituzione apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana di san Giovanni Paolo II del 28 giugno 1988 . Dette competenze concernono il foro interno e le indulgenze (art. 117). Per il foro interno, sia sacramentale che non sacramentale, essa concede le assoluzioni, le dispense, le commutazioni, le sanzioni, i condoni ed altre grazie (art. 118). Al medesimo dicastero è demandato quanto concerne la concessione e l'uso delle indulgenze, salvo il diritto della Congregazione della Dottrina della Fede di esaminare tutto ciò che riguarda la dottrina dogmatica intorno ad esse (art.120). Alla Penitenzieria Apostolica è preposto il penitenziere maggiore, che è il cardinale Mauro Piacenza, coadiuvato da un reggente, mons. Krzysztof Józef Nykiel, e da cinque prelati: un teologo, un canonista e tre consiglieri.
 
Quanto al Discorso  di ieri, papa Bergoglio, nel ricordare che quella del confessionale è una “lunga scuola”, ha spiegato come si diventa “buon confessore”, evidenziando tre aspetti. Il “buon confessore” - dice il Pontefice- “è un vero amico di Gesù Buon Pastore “, che coltiva la preghiera personale con il Signore, chiedendo incessantemente il dono della carità pastorale”. E infatti, “Un confessore che prega sa bene di essere lui stesso il primo peccatore e il primo perdonato. Non si può perdonare nel Sacramento senza la consapevolezza di essere stato perdonato prima. E dunque la preghiera è la prima garanzia per evitare ogni atteggiamento di durezza, che inutilmente giudica il peccatore e non il peccato”. E ancora, “Nella preghiera è necessario implorare il dono di un cuore ferito…Nella preghiera dobbiamo domandare il prezioso dono dell’umiltà perché appaia sempre chiaramente che il perdono è dono gratuito e soprannaturale di Dio, del quale noi siamo semplici, seppur necessari, amministratori…Nella preghiera, poi, invochiamo sempre lo Spirito Santo, che è Spirito di discernimento e di compassione”.
 
Ma il confessore, in quanto “uomo dello Spirito” è “uomo del discernimento”, per cui egli “è chiamato a fare sempre e solo la volontà di Dio, in piena comunione con la Chiesa, della quale è ministro, cioè servo”. Al riguardo, “Il discernimento educa lo sguardo e il cuore, permettendo quella delicatezza d’animo tanto necessaria di fronte a chi ci apre il sacrario della propria coscienza per riceverne luce, pace e misericordia…chi si avvicina al confessionale, può provenire dalle più disparate situazioni; potrebbe avere anche disturbi spirituali, la cui natura deve essere sottoposta ad attento discernimento, tenendo conto di tutte le circostanze esistenziali, ecclesiali, naturali e soprannaturali”.
 
Ecco allora che “il confessionale è anche un vero e proprio luogo di evangelizzazione. Non c’è, infatti, evangelizzazione più autentica che l’incontro con il Dio della misericordia…”. Evangelizzazione che diventa formazione: “Nel pur breve dialogo che intesse con il penitente, il confessore è chiamato a discernere che cosa sia più utile e che cosa sia addirittura necessario al cammino spirituale di quel fratello o di quella sorella; talvolta si renderà necessario ri-annunciare le più elementari verità di fede, il nucleo incandescente, il kerigma, senza il quale la stessa esperienza dell’amore di Dio e della sua misericordia rimarrebbe come muta; talvolta si tratterà di indicare i fondamenti della vita morale, sempre in rapporto alla verità, al bene e alla volontà del Signore. Si tratta di un’opera di pronto e intelligente discernimento, che può fare molto bene ai fedeli”.

domenica 29 gennaio 2017

Verso il Sinodo dei giovani

Nella Lettera  con cui annuncia che nell’ottobre 2018 si celebrerà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo Dei Vescovi sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” il Papa Francesco, rivolgendosi proprio ai giovani, fa un forte invito agli stessi: “ Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori. San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3). 

Come ha ricordato il card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, alla presentazione Documento Preparatorio dell’assemblea sinodale “Con le sue parole il Papa vuole imprimere una scultoria motivazione umana ed ecclesiale del prossimo Sinodo sui giovani, che sono compresi nella fascia di età tra i 16 ed i 29 anni, nella consapevolezza che l’età giovanile richiede di essere adattata alle differenti realtà locali”. 
Il card. Baldisseri ha precisato che il Documento Preparatorio  è inviato ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali e “dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio”, con lo scopo di raccogliere informazioni circa l’odierna condizione dei giovani nei variegati contesti in cui essi vivono, per poterla discernere adeguatamente in vista dell’elaborazione dell’Instrumentum Laboris. È da tenere presente che esso è rivolto a tutti i giovani del mondo nella più ampia dimensione e comprensione e partecipazione”. 

Quanto al contenuto, esso si divide in tre parti. La prima, che riguarda “I GIOVANI NEL MONDO DI OGGI”, “tiene presenti alcuni risultati delle ricerche in ambito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale, così da «lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale» (Laudato Si', 15)”. E ancora si evidenzia: “La capacità di scegliere dei giovani è ostacolata da difficoltà legate alla condizione di precarietà: la fatica a trovare lavoro o la sua drammatica mancanza; gli ostacoli nel costruirsi un’autonomia economica; l’impossibilità di stabilizzare il proprio percorso professionale. Per le giovani donne questi ostacoli sono normalmente ancora più ardui da superare. Il disagio economico e sociale delle famiglie, il modo in cui i giovani assumono alcuni tratti della cultura contemporanea e l’impatto delle nuove tecnologie richiedono maggiore capacità di rispondere alla sfida educativa nella sua accezione più ampia: è questa l’emergenza educativa evidenziata da Benedetto XVI nella Lettera alla Città e alla Diocesi di Roma sull’urgenza dell’educazione (21 gennaio 2008). A livello globale bisogna tenere conto anche delle disuguaglianze tra Paesi e del loro effetto sulle opportunità offerte ai giovani nelle diverse società in termini di inclusione. Anche fattori culturali e religiosi possono ingenerare esclusione, ad esempio per quanto riguarda i divari di genere o la discriminazione delle minoranze etniche o religiose, fino a spingere i giovani più intraprendenti verso l’emigrazione”. 

Nella seconda parte, intitolata “FEDE, DISCERNIMENTO, VOCAZIONE”, vengono “presentati alcuni spunti in vista di un accompagnamento dei giovani a partire dalla fede, in ascolto della tradizione della Chiesa e con il chiaro obiettivo di sostenerli nel loro discernimento vocazionale e nell’assunzione delle scelte fondamentali della vita, a partire dalla consapevolezza del carattere irreversibile di alcune di esse”. Atteso, perciò, che “La fede, in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù (cfr. Lumen fidei, 18), è la fonte del discernimento vocazionale”, per la correttezza di quest’ultimo s’indica con la Evangelii Gaudium 51 un percorso di discernimento, ispirato dai tre verbi “riconoscere, interpretare e scegliere”.

In particolare, “La fase del riconoscere mette al centro la capacità di ascolto e l’affettività della persona, senza sottrarsi per paura alla fatica del silenzio. Si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso di maturazione personale, in particolare per i giovani che sperimentano con maggiore intensità la forza dei desideri e possono anche rimanerne spaventati, rinunciando magari ai grandi passi a cui pure si sentono spinti”. Mentre la “ fase di interpretazione è molto delicata; richiede pazienza, vigilanza e anche un certo apprendimento. Bisogna essere capaci di rendersi conto degli effetti dei condizionamenti sociali e psicologici… confrontarsi onestamente, alla luce della Parola di Dio, anche con le esigenze morali della vita cristiana, sempre cercando di calarle nella situazione concreta che si sta vivendo… in un dialogo interiore con il Signore, con l’attivazione di tutte le capacità della persona; l’aiuto di una persona esperta nell’ascolto dello Spirito è pero un sostegno prezioso che la Chiesa offre e di cui è poco accorto non avvalersi”. Per tutto questo, con riferimento alla scelta, “Una volta riconosciuto e interpretato il mondo dei desideri e delle passioni, l’atto di decidere diventa esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità personale, sempre ovviamente situate e quindi limitate. La scelta si sottrae dunque alla forza cieca delle pulsioni, a cui un certo relativismo contemporaneo finisce per assegnare il ruolo di criterio ultimo, imprigionando la persona nella volubilità. Al tempo stesso si libera dalla soggezione a istanze esterne alla persona e dunque eteronome, richiedendo altresì una coerenza di vita”. E ancora, “Nell’impegno di accompagnamento delle giovani generazioni la Chiesa accoglie la sua chiamata a collaborare alla gioia dei giovani piuttosto che tentare di impadronirsi della loro fede (cfr. 2Cor 1,24). Tale servizio si radica in ultima istanza nella preghiera e nella richiesta del dono dello Spirito che guida e illumina tutti e ciascuno”. 

Ma “Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza?”. A questo risponde la terza parte, che tratta “L’AZIONE PASTORALE”, e che mette “ a fuoco che cosa comporta prendere sul serio la sfida della cura pastorale e del discernimento vocazionale, tenendo in considerazione quali sono i soggetti, i luoghi e gli strumenti a disposizione”. A tal proposito, si evocano “Tre verbi, che nei Vangeli connotano il modo con cui Gesù incontra le persone del suo tempo, ci aiutano a strutturare questo stile pastorale: uscire, vedere, chiamare”. 

Circa i soggetti, “tutti i giovani, nessuno escluso, hanno diritto a essere accompagnati nel loro cammino”, e poi “Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni”, non dimenticando che “ Servono credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento”. Tutti all’interno di una cornice che vede impegnati specificatamente genitori e famiglia (cfr. Amoris laetitia, 259-290), Pastori, insegnanti e altre figure educative. 

A proposito degli ambiti specifici della pastorale, si ricorda che “La Chiesa offre ai giovani dei luoghi specifici di incontro e di formazione culturale, di educazione e di evangelizzazione, di celebrazione e di servizio, mettendosi in prima linea per un’accoglienza aperta a tutti e a ciascuno”, con le GMG, le Parrocchie, le università e le scuole cattoliche, le attività sociali e di volontariato, le associazioni e i movimenti ecclesiali, luoghi di spiritualità, ecc. In un clima di confronto non si può non guardare al mondo digitale e a ciò che rappresenta, in quanto “per le giovani generazioni è divenuto davvero un luogo di vita; offre tante opportunità inedite, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’informazione e la costruzione di legami a distanza, ma presenta anche rischi (ad esempio cyberbullismo, gioco d’azzardo, pornografia, insidie delle chat room, manipolazione ideologica, ecc.)”. 

Ecco allora che più che mai importanti sono gli strumenti da adoperare: “Talvolta ci accorgiamo che tra il linguaggio ecclesiale e quello dei giovani si apre uno spazio difficile da colmare, anche se ci sono tante esperienze di incontro fecondo tra le sensibilità dei giovani e le proposte della Chiesa in ambito biblico, liturgico, artistico, catechetico e mediatico. Sogniamo una Chiesa che sappia lasciare spazi al mondo giovanile e ai suoi linguaggi, apprezzandone e valorizzandone la creatività e i talenti. Riconosciamo in particolare nello sport una risorsa educativa dalle grandi opportunità e nella musica e nelle altre espressioni artistiche un linguaggio espressivo privilegiato che accompagna il cammino di crescita dei giovani”.

lunedì 23 gennaio 2017

Il matrimonio cristiano fra foedus e fides

Nell’annuale incontro inaugurale dell’Anno giudiziario con Giudici, officiali, avvocati e collaboratori del Tribunale Apostolico della Rota Romana, Papa Francesco ha tenuto un discorso con cui ha richiamato l’attenzione sul moltiplicarsi di celebrazioni matrimoniali nulle. E per questo ha indicato due vie da percorrere, l’una in preparazione alla celebrazione del sacramento coniugale e l’altra di accompagnamento permanente  da parte della Chiesa degli sposi nel loro cammino di vita insieme .
Il Pontefice nel soffermarsi su tali “rimedi” si è, a sua volta, richiamato al rapporto tra fede e matrimonio, citando San Giovanni Paolo II con l’Enciclica Fides et ratio, nn.16-17, e Papa Benedetto XVI, che proprio durante l’ultimo discorso alla Rota Romana ricordava che “solo aprendosi alla verità di Dio [...] è possibile comprendere, e realizzare nella concretezza della vita anche coniugale e familiare, la verità dell’uomo quale suo figlio, rigenerato dal Battesimo [...]. Il rifiuto della proposta divina, in effetti conduce ad uno squilibrio profondo in tutte le relazioni umane [...], inclusa quella matrimoniale”.
Così come nell’Enciclica Lumen fidei si afferma che “L’amore ha bisogno di verità. Solo in quanto è fondato sulla verità l’amore può perdurare nel tempo, superare l’istante effimero e rimanere saldo per sostenere un cammino comune. Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Senza verità l’amore non può offrire un vincolo solido, non riesce a portare l’ “io” al di là del suo isolamento, né a liberarlo dall’istante fugace per edificare la vita e portare frutto” (27).
Ma Papa Bergoglio non omette di guardare ad intra, per cui “Una mentalità che coinvolge, spesso in modo vasto e capillare, gli atteggiamenti e i comportamenti degli stessi cristiani (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 64), la cui fede viene svigorita e perde la propria originalità di criterio interpretativo e operativo per l’esistenza personale, familiare e sociale. Tale contesto, carente di valori religiosi e di fede, non può che condizionare anche il consenso matrimoniale. Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede”.
Per quanto riguarda i “rimedi” enunciati, il Pontefice ne ha precisato espressamente le finalità e anche le modalità, evidenziando la necessità di un nuovo catecumenato: “ Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio. Si tratta di aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù. La comunità cristiana alla quale i nubendi si rivolgono è chiamata ad annunciare cordialmente il Vangelo a queste persone, perché la loro esperienza di amore possa diventare un sacramento, un segno efficace della salvezza… Occorre, pertanto, che gli operatori e gli organismi preposti alla pastorale famigliare siano animati da una forte preoccupazione di rendere sempre più efficaci gli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio, per la crescita non solo umana, ma soprattutto della fede dei fidanzati. Scopo fondamentale degli incontri è quello di aiutare i fidanzati a realizzare un inserimento progressivo nel mistero di Cristo, nella Chiesa e con la Chiesa. Esso comporta una progressiva maturazione nella fede, attraverso l’annuncio della Parola di Dio, l’adesione e la sequela generosa di Cristo. La finalità di questa preparazione consiste, cioè, nell’aiutare i fidanzati a conoscere e a vivere la realtà del matrimonio che intendono celebrare, perché lo possano fare non solo validamente e lecitamente, ma anche fruttuosamente, e perché siano disponibili a fare di questa celebrazione una tappa del loro cammino di fede. Per realizzare tutto questo, c’è bisogno di persone con specifica competenza e adeguatamente preparate a tale servizio, in una opportuna sinergia fra sacerdoti e coppie di sposi”.
Ma v’è di più col secondo rimedio, che è “quello di aiutare i novelli sposi a proseguire il cammino nella fede e nella Chiesa anche dopo la celebrazione del matrimonio” attraverso “un progetto di formazione… con iniziative volte ad una crescente consapevolezza del sacramento ricevuto”.

Per tutto questo, si “richiama i parroci ad essere sempre più consapevoli del delicato compito che è loro affidato nel gestire il percorso sacramentale matrimoniale dei futuri nubendi, rendendo intelligibile e reale in loro la sinergia tra foedus e fides. Si tratta di passare da una visione prettamente giuridica e formale della preparazione dei futuri sposi, a una fondazione sacramentale ab initio, cioè a partire dal cammino verso la pienezza del loro foedus-consenso elevato da Cristo a sacramento. Ciò richiederà il generoso apporto di cristiani adulti, uomini e donne, che si affianchino al sacerdote nella pastorale familiare per costruire «il capolavoro della società», cioè «la famiglia: l’uomo e la donna che si amano» (Catechesi, 29 aprile 2015) secondo «il luminoso piano di Dio» (Parole al Concistoro Straordinario, 20 febbraio 2014)”.