Stiamo vivendo
giorni che rimarranno nella storia, segnati dalla decisione epocale di Papa
Benedetto di lasciare il pontificato. Di fronte a tale evento che va oltre la
stessa barca di Pietro, dà fastidio il modo con cui viene trattato dai Soloni
di turno, i quali, lasciati magari gli abiti da Ct della Nazionale di calcio,
si scoprono teologi. Così come, con la superficialità di chi parla senza conoscere,
ci si abbandona a dietrologie in cui appunto i maestri non mancano. Oppure ci
si imbarca subito nel toto-Papa.
E invece ci
sarebbe da tacere, pregando, per chi crede in Gesù Cristo, e insieme da riflettere per tutti per ciò che discende
dal gesto profetico che solo un grande teologo poteva mettere in atto. Un gesto
tanto forte da poter essere equiparato per i suoi risvolti, all’indizione di un
Concilio ecumenico.
Oggi il
Pontefice nell’udienza generale del mercoledì ha ribadito, evocando quell’avanzare
dell’età, le ragioni già espresse ieri
della sua decisione: “ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha
affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della
Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia
coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto
consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con
quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la
Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura”.
C’è da meditare su queste motivazioni tanto schiette quanto rispettose della condizione della Chiesa nel nostro tempo e del ruolo di Pietro, il quale non esercita un potere ma svolge un servizio per il bene universale.
Grazie Santo Padre!
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