domenica 24 febbraio 2013

Rinuncia e non dimissioni

In attesa dell'Angelus che per l'ultima volta Papa Benedetto reciterà dalla finestra del suo studio, è bene precisare la natura del gesto da lui compiuto il giorno 11 febbraio scorso. Precisazione che riguarda le cosiddette "dimissioni" del Papa. Se di ciò si trattasse, dovrebbe esserci un'autorità umana a cui presentarle e che dovrebbe accettarle. Così non è nel caso del Pontefice, che non può essere deposto da nessuno e  ha il diritto di rinunciare al suo ufficio secondo quanto previsto dalla legge canonica universale. Il can. 332, par. 2 richiede che la rinuncia "sia fatta liberamente e venga debitamente manifestata".  Se dunque il Papa rinuncia, egli compie un atto sovrano che in nulla scalfisce la potestà di cui è dotato e sulla quale è opportuno soffermarsi. 

Il can. 331 del Codice di diritto canonico, definisce l'autorità del Vescovo della Chiesa di Roma” in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli”. E’ importante attenersi alla aggettivazione della potestà del Romano Pontefice, che lo stesso canone enuclea. 

Essa è ordinaria, in quanto annessa stabilmente all’ufficio per disposizione divina; suprema, essendo la più elevata nella gerarchia e non subordinata a nessun’altra potestà umana; piena, ossia con tutte le facoltà relative ai peculiari compiti di insegnare, santificare e governare, e quindi con l’esercizio del magistero infallibile e del magistero autentico non infallibile, della potestà legislativa e amministrativa, della potestà giudiziaria, della regolamentazione della vita liturgica e del culto della Chiesa universale; immediata, esercitabile cioè senza intermediazione di altri, in particolare dei Vescovi, dovunque e su ogni fedele; universale ossia estesa a tutti e a tutte le materie sottoposte alla giurisdizione e alla responsabilità della Chiesa. 

Benedetto XVI, pur godendo di questa complessa potestà, ha ritenuto, con atto assolutamente rispettoso della sua valenza teologica prima che giuridica (“Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio”) di rinunciare al ministero petrino affidatogli per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005.

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